Il ministro Stefania Giannini on il premier Matteo Renzi (foto LaPresse)

Il ministro che non c'è - 2

Il mistero Stefania Giannini, avulsa e confusa, che resterà la ministra “basita”

Salvatore Merlo
Le piacerebbe farlo innamorare e innamorandolo migliorarlo. Le piacerebbe fargli capire che lei è un ministro diverso da quelli che piacciono a lui, e che lui frequenta. Così una volta, durante il dibattito parlamentare sull’abolizione del Senato, mentre Matteo ripeteva, “presto, “presto”, lei ha assunto un premuroso tono pedagogico.

Roma. Le piacerebbe farlo innamorare e innamorandolo migliorarlo. Le piacerebbe fargli capire che lei è un ministro diverso da quelli che piacciono a lui, e che lui frequenta. Così una volta, durante il dibattito parlamentare sull’abolizione del Senato, mentre Matteo ripeteva, “presto, “presto”, lei ha assunto un premuroso tono pedagogico: “Il verbo aspettare non appartiene al vocabolario del presidente del Consiglio. Se il metodo diventa l’obiettivo, è pericoloso”. Dunque talvolta Stefania Giannini manifesta le sue inquietudini dello spirito al capo del governo, laddove gli altri, per lo più, tacciono, o mugugnano a denti stretti, chiusi nel bagno di Palazzo Chigi o in un remoto e oscuro corridoio del Parlamento. D’altra parte lei non è mica uno dei tanti ministri nati senza avvenire, per fare numero, per figurare in statistiche legislative, in trascurabili oscillazioni parlamentari: lei è un ex rettore, un docente universitario, una studiosa dalla lingua rapida (quarantacinque interviste nei primi novanta giorni di governo) che ha messo questo suo agile organo al centro dei propri interessi, diventando glottologa di fama.

 

Ed è nata così, tra lei e il presidente del Consiglio, una relazione sottile, piena di contraddizioni, alla quale tuttavia Renzi, autore del più effimero miracolo moderno, cioè quello di far sparire i suoi ministri, cerca di sottrarsi con consueta brutalità. L’estate scorsa, per esempio, la signora Giannini era andata al Meeting di Rimini per illustrare le linee guida della riforma della scuola. Ebbene il giorno dopo, il presidente del Consiglio quelle linee guida le ha praticamente riscritte di sana pianta in una riunione in cui c’erano tutti (dai sottosegretari fino agli ultimi deputati della commissione) tranne il ministro titolare. E poi quando lei voleva eliminare la commissione esterna agli esami di maturità, quando ormai lo aveva annunciato a tutti i giornali, piacevolmente eccitata dalla vaga trepidazione che coglie ciascuno nel vedere il proprio nome citato in un articolo, lui è entrato in Consiglio dei ministri e – zac! – gli ha depennato la norma. E senza morbide allusioni, garbate perifrasi, raffinate reticenze, ma: “La norma è stata stralciata e sostituita così, così e così”. Non bastasse, ciclicamente, quando si parla di rimpasti, ecco che la poltrona della Pubblica istruzione, quella della prof. Giannini, si fa sempre la più instabile. Con una vocina gaia e maliziosa che da Palazzo Chigi comincia a elencare i nomi delle ragazze già pronte all’incarico: Anna Ascani, Francesca Puglisi… Quasi mobbing. E insomma, quello del ministro renziano è un cammino costellato di schianti emotivi. Non ci si può difendere che attenendosi a un’imperturbabile bonomia, a un distacco siderale, a una faticosa ginnastica zen compensata soltanto dalla consapevolezza di aver per lo meno, agli occhi del mondo, quel pennacchio, quel luccicante distintivo, quella targhetta d’ottone sulla porta in cui c’è scritto: “Ministro”. Per il resto è una vitaccia.

 

[**Video_box_2**]Come si diceva, l’ambiente d’origine del ministro Giannini è quello ristretto dei glottologi, nel quale si è imposta con l’opera di esordio, “La geminazione consonantica in latino”, ma quando Renzi – sbagliando – le fece notare che le slide sulla riforma della scuola contenevano un errore di grammatica, perché “al plurale si dice curricula non curriculum”, lei andò completamente nel pallone: chiese scusa, malgrado l’errore in realtà non ci fosse, in quanto, come sanno gli studenti del liceo classico, “curriculum è un plurale invariabile”. Ma tant’è, la professoressa di latino ha sbagliato il latino: è questo l’effetto che fa il premier ai suoi ministri fantasma, li manda in confusione, li annulla, e senza ombra di malizia o di canzonatura, ma così, come fosse la cosa più normale del mondo. Circa un mese fa la signora Giannini è stata di nuovo messa nell’angolo da Renzi sulla questione dei professori da assumere. Lei voleva un decreto, ma è uscito fuori un ddl, e non precisamente partorito dal suo ministero. Così, alla fine, lei si è dichiarata “basita”, ossia stupefatta, e poi si è come oscurata in uno stordimento che somigliava al torpore febbricitante in cui Don Chisciotte vedeva dissolversi le illusioni. Ma quel “sono basita” in realtà resta sul proscenio delle poche cose notevoli a lei riconducibili, assieme alla foto in spiaggia che l’ha fatta entrare nel guinness come primo ministro in topless della storia. “La trasparenza è sempre stata una delle idee guida di Stefania Giannini”, disse Aldo Grasso.

Di più su questi argomenti:
  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.