L'esclusiva del Foglio
Ecco come sarà la Difesa italiana
La Casa Bianca è una piacevole villa di stile neoclassico, concepita come il fulcro di Washington, il luogo da dove tutto si dirama. L’architettura e il potere. Matteo Renzi avrà questa impressione quando ne varcherà la soglia e farà il suo ingresso nello Studio ovale per stringere la mano di Barack Obama. Il presidente ha cambiato tutti i mobili dello studio, del vecchio arredo è rimasta solo una scrivania costruita con il legno della nave d’esplorazione inglese Hms Resolute. E su quella scrivania, la Resolute Desk, c’è un dossier che riguarda l’Italia e gli Stati Uniti, un documento snello, fatto di punti chiave, che si può riassumere in una sola parola: difesa. L’agenda? Il presidente degli Stati Uniti chiederà a Renzi un impegno per ammorbidire le tensioni con la Russia e risolvere il problema dell’Ucraina, ma il vero tema caldo è la sicurezza del Mediterraneo (please, Matteo, fix… il problema del Muos, il sistema satellitare bloccato dal Tar in Sicilia), il caos in Libia, la relazione fondamentale con l’Egitto, il medio oriente che ha bisogno di un interlocutore credibile e “neutro”, le rotte del Mare Nostrum. In queste ore a Palazzo Chigi stanno lavorando su scenari, opzioni e risposte possibili. Il lavoro dei consiglieri militari in queste occasioni è prezioso. Renzi si presenta da Obama con una buona base di partenza per rispondere al quesito più urgente per gli Stati Uniti: l’Italia è pronta ad assumersi più responsabilità nell’area del Mediterraneo e del medio oriente? Sì, Renzi potrà dire a Obama che le Forze armate italiane sono alla vigilia di un grande cambiamento e il primo passo ufficiale arriverà pochi giorni dopo la visita del presidente del Consiglio a Washington, il 21 aprile. E’ il giorno in cui Sergio Mattarella ha fissato al Quirinale una riunione del Consiglio supremo di Difesa. E’ in quella occasione che il ministro Roberta Pinotti illustrerà al presidente della Repubblica il nuovo Libro Bianco della Difesa, lo scenario della riforma delle nostre Forze. E’ un nuovo capitolo dopo la riforma di Beniamino Andreatta del 1997. Il Foglio è in grado di anticiparne le linee guida, i contenuti, gli obbiettivi, le svolte e le sfide dei prossimi anni. E’ stata una lettura istruttiva, sono pagine dense di futuro. Eccole.
I pilastri
Sono quattro e corrispondono a una miriade di problemi e soluzioni possibili: dove e come impiegare lo strumento militare, l’organizzazione, il personale e le risorse. Alla Difesa il mantra è che “il cuore dello strumento militare italiano è e rimarrà sempre l’elemento umano”. Ma il mestiere delle armi è fatto anche di acronimi a prima vista freddi come questo, I 3E3. Cosa significa? Interforze, internazionale, interoperabile; efficace, efficiente, economico. Andiamo subito al nocciolo della questione.
Dove e come impiegare lo strumento militare?
Questo è lo scenario del presente secondo il Libro Bianco: le Forze armate italiane sono impegnate in circa trenta missioni militari all’estero, operazioni di varia natura, sparse in tre continenti. E’ una proiezione di forze e materiali enorme, molto dispendiosa, che non corrisponde più agli interessi geopolitici dell’Italia. Siamo alla guida di coalizioni in paesi distanti e di fatto abbiamo una forza militare concepita per intervenire in molte regioni del mondo pur non essendo una grande potenza. Non abbiamo un seggio permanente nel Consiglio di sicurezza dell’Onu, ma spediamo soldati ovunque. Meglio concentrare gli sforzi per pesare dove serve davvero al paese. Immigrazione, minacce terroristiche, sigle nuove come Isis che ha ambizioni territoriali e volontà distruttiva mai viste prima, diffusione delle armi di distruzione di massa, guerre asimmetriche che hanno la gittata di un normale missile balistico. Serve altro per convincersi che tutto è cambiato ai nostri confini? Se questa è la situazione del presente, cosa si fa domani? Ecco la prima forte novità del Libro Bianco: “Dare priorità agli interventi nell’area euro-mediterranea”. E’ la fine delle missioni ovunque e comunque, fatte per obbedire al principio di cooperazione militare e disobbedire ai nostri reali obiettivi strategici, avventure quasi sempre senza benefici concreti per il paese. Il ministro della Difesa Pinotti e il premier Matteo Renzi hanno imboccato una direzione precisa: “Nel Mediterraneo l’Italia è pronta per un ruolo di leader”. I nostri soldati e peacekeepers metteranno i loro boots on the ground solo dove l’Italia ha i suoi interessi. Non altrove. E fuori dal Mediterraneo l’Italia non andrà mai da sola, perché si “concorre alla sicurezza internazionale insieme agli alleati”. E’ un cambio di strategia atteso da tempo. Molti analisti e professori chiamati dal ministro Pinotti a dare consigli durante la stesura del Libro Bianco (anche questa è una novità) avevano chiesto nei mesi scorsi un’inversione di rotta della politica estera attraverso lo strumento militare. Sono stati ascoltati. Perché la Difesa è un patrimonio del paese intero, è di tutti.
Organizzazione
E’ un punto delicatissimo, il centro di gravità permanente tra le ragioni della politica e quelle dei militari. Ma se pensiamo, come diceva il generale Carl von Clausewitz, che “la guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi”, allora è chiaro che l’attuale organizzazione andava superata da un nuovo assetto di comando. Oggi “le decisioni di politica militare e di politica industriale sono incoerenti”, le singole Forze armate hanno troppa autonomia, “tendono a controllare direttamente operazioni militari e investimenti”, i centri di spesa sono infiniti, c’è “ridondanza di infrastrutture e duplicazione di funzioni”. E’ una situazione che un paese con due trilioni di debito pubblico e un futuro industriale tutto da inventare non può più permettersi. Soluzioni? Cosa dice il Libro Bianco? Dice che “tutte le decisioni politiche sono sotto la responsabilità del ministro”. E’ un passaggio che può apparire logico e scontato, ma finora la situazione non era così. Per questo viene creato un comando interforze che coordina tutte le operazioni militari e le pianifica con i partner europei. E i risparmi? Razionalizzata la catena di comando, si mette mano alla logistica con lo stesso criterio: “accorpamenti dei reparti e unificazione delle funzioni”. Eccoci al punto chiave, all’elemento umano.
Personale
Va cambiato tutto, il quadro è di declino, scarsa meritocrazia, stipendi indecorosi. C’è una “forte prevalenza di personale in servizio permanente”, anziano e quindi “sempre meno operativo”, i militari “hanno stipendi bassi e indennità di missione alte”, e questo spiega la ragione delle molte operazioni in luoghi con scarso interesse strategico: tutti in missione a caccia di indennità più alte. Voilà. I civili hanno retribuzioni basse, “non concorrenziali” con quelle del settore industriale o di altri comparti. Questo è il punto dove si vede se la riforma ha coraggio o no. E Roberta Pinotti, a leggere le linee guida del Libro Bianco, pare ne abbia da vendere: ci sarà “più personale in ferma prefissata, più giovani arruolati e con maggiori tutele al momento del congedo”, la struttura della retribuzione “verrà cambiata e legata all’operatività militare”: chi sta in ufficio non deve guadagnare più di chi ha il fucile in spalla e rischia la pelle. Stipendi più alti anche per i civili in modo da avere personale qualificato. E’ un quadro molto ambizioso, ma è una rivoluzione di cui c’è bisogno. Riusciranno nell’impresa i nostri eroi? Dove troveranno i soldi per finanziare il change delle Forze armate?
Le risorse
Il presente è un festival del dadaismo contabile applicato al mestiere delle armi. Alto costo del personale, “scarse risorse per la manutenzione”, “mezzi nuovi non utilizzabili per mancanza di ricambi”, impossibilità di programmare gli interventi “per una forte oscillazione delle risorse nel tempo”, dialogo sbagliato tra il sistema delle industrie e la Difesa. Crac. Qui la dose di coraggio si fa enorme. Ecco la soluzione del Libro Bianco: “Ridurre a circa 150 mila militari il personale” (oggi sono 190 mila e il passaggio a meno 40 mila va fatto in meno di dieci anni, nel 2024), recuperando così risorse per l’operatività, “un unico capitolo di bilancio per acquisti e manutenzione”, “una legge pluriennale per gli investimenti militari”, “un piano strategico di sviluppo della base industriale e tecnologica”. Sembra di leggere il domani di un paese normale.
Non è una riforma né di destra né di sinistra, ma un disegno per dare al paese Forze armate moderne, composte da giovani (in Europa l’80 per cento è in ferma breve e il 20 per cento permanente, in Italia il contrario) e concentrate sulla nostra dimensione naturale, unica, irrinunciabile, il Mediterraneo. E’ finalmente una chiara idea del futuro dell’Italia nel mondo. Ora del ministro Pinotti e del Capo di stato maggiore Claudio Graziano. Sarà il premier Renzi a dare l’accelerazione dopo il viaggio alla Casa Bianca, il posto da dove tutto si dirama. Avanti tutta.