Ragioni per non cedere agli scioperi-pirata nelle scuole
Il Matteo Renzi che ieri si è presentato in video illustrando la riforma della scuola con lavagna e gessetti, e soprattutto con un tono conciliante che va bene per una questione da affrontare senza "battaglie politiche e slogan ideologici" - questa l'intenzione del premier, speriamo che invece non si tratti di scrupoli elettorali - non può però non tener conto di quanto ha comunicato Roberto Alesse, presidente della Commissione di garanzia per gli scioperi: il blocco degli scrutini ipotizzato da alcune sigle sindacali, Snals e Cobas, è illegittimo. "E dunque scatterebbe obbligatoriamente la precettazione". Si tratta di evitare la paralisi della conclusione dei cicli scolastici, spiega Alesse, augurandosi che precettare i docenti resti un'ipotesi tecnica.
Ma augurio o non augurio, obbligo o non obbligo di legge, esiste anche e soprattutto un problema di credibilità da parte del governo, sia nel difendere i suoi propositi riformatori, sia l'interesse generale: che in questo caso è rappresentato da quel servizio pubblico fondamentale che si chiama istruzione, e da chi ha il diritto di fruirne, dunque studenti, famiglie, e da lì a scendere. E solo in subordine da professori, presidi e impiegati. E se Renzi vuole essere credibile sulla scuola, almeno quanto lo è stato sulla legge elettorale e sulle varie misure sulle quali ha posto la fiducia, deve esigere - non chiedere, esigere - che da parte dei sindacati si tolga immediatamente dal tavolo qualsiasi ipotesi di scioperi e blocchi, compresi i boicottaggi dei test Invalsi da parte di aree studentesche organizzate. Non si tratta con le pistole sul tavolo, è una vecchia regola. Il premier ha tolto le sue, rappresentate dal ricorso alla fiducia. Chieda a tutti gli altri di fare altrettanto.
Curiosamente, proprio in queste ore, arriva dalla Germania un riconoscimento alle norme antisciopero italiane, mentre il settore pubblico tedesco, in particolare i trasporti, sono colpiti da un'ondata di agitazioni. Sulla Sueddeutsche Zeitung, Maurizio Del Conte, professore alla Bocconi di Milano e consulente del governo Renzi per la riforma del Lavoro, spiega che cosa la Germania potrebbe imparare dall'Italia, che negli anni è riuscita a mettere a freno i piccoli sindacati con un forte diritto di ricatto: "Gli scioperi che travolgono la Germania ricordano gli anni Settanta e Ottanta, fase ingloriosa della politica sindacale nel settore pubblico italiano. Proprio allora ci siamo fatti una cattiva reputazione internazionale. Tutti quelli che volevano visitare l'Italia prima dovevano dare un occhio al calendario degli scioperi dei treni, degli aerei e dei traghetti. I protagonisti di questa strategia dello sciopero costante erano soprattutto i piccoli sindacati che avevano la possibilità di ricattare la società per il fatto di essere concentrati nei centri nevralgici del pubblico impiego".
[**Video_box_2**]Ecco, cerchiamo di non smentire subito questa immagine che l'Italia ha faticato a riconquistare; di non smentirla proprio a opera del governo che ha abolito fin da subito la concertazione (e i suoi ricatti, che non vengono solo dai sindacatini), e di un premier che dichiara di volersi ispirare a Tony Blair e al suo New Labour. E dunque dovrebbe ricordare con quale slogan Blair iniziò all'Università di Southampton, il 23 maggio 2001, un famoso discorso contro le resistenze sindacali e politiche alla riforma della scuola inglese, che quasi minacciavano di replicare le barricate dei minatori contro Margaret Thatcher. Quello slogan era "Education, education, education". Abbiamo già avuto segretari del Pd, di nome Bersani, che per piegarsi al volere sindacale si inerpicavano sui tetti dell'università di Roma. Non gli ha portato bene.