Bobo Maroni è uscito dal coma
“Facciamo subito le primarie per Milano. Cavalchiamo l’onda della vittoria e mettiamo le basi per tornare a vincere in questa città”. Rianimato dal trionfo del suo gemello diverso del Veneto, Luca Zaia, il governatore di Lombardia Roberto Maroni se n’è uscito con un’intervista politica, di quelle che non concede spesso, al Corriere (pagine milanesi). Ma siccome Maroni è un uomo esperto anche dei livelli nazionali della politica, ha evidenziato soprattutto la vittoria di Giovanni Toti in Liguria (“una nuova edizione del modello con cui sono stato eletto io”), che permette alla Lega di accreditarsi in una nuova partnership di coalizione oltre la corsa solitaria del salvinismo.
Due cose da notare. Maroni, non proprio un descamisado, è a lungo rimasto sott’acqua sul fronte politico, continuando con la sua Lega di governo e lasciando prudentemente a Matteo Salvini il resto. Ora il risveglio, con la parola un tempo impronunciabile a destra, “primarie”. La mossa certo non è scoordinata, da due giorni anche Salvini insiste sulle “necessarie primarie” milanesi del centrodestra (lui stesso si chiama dentro o fuori, dipende se si vota alle politiche nel 2016 o no).
[**Video_box_2**]Però Maroni svolge tutto il ragionamento: “Lo dico con tutto l’affetto, genuino, che porto a Silvio Berlusconi”, ma è ora di passare la mano. Il problema degli alfaniani (sono in giunta con lui) “esiste”, ma Liguria e Umbria “dimostrano che si può superare”. La partita è aperta, fate il vostro gioco. Dire che l’interpretazione maroniana del modello Lombardia sia stata, fin qui, particolarmente brillante e propulsiva, capace cioè di proporre un modello per una coalizione nazionale in grado di rimangiare terreno a Matteo Renzi, è forse eccessivo. Buon amministratore, scaltro, Maroni ha utilizzato il tempo soprattutto per mettere a registro la macchina amministrativa e di spesa lombarda, sanità e altro, e per operare un lento ma chirurgico spoil system rispetto al sistema di potere Pdl-formigoniano. Ma niente di particolarmente in grado di far sognare l’elettorato. Ora lo scenario è (un poco) cambiato, Salvini ha bisogno di rimettersi, se non la cravatta, almeno la pochette verde al taschino. L’avvocato di Varese con tanta mediazione politica dietro le spalle è un buon maestro d’eleganza.