Gli Tsipras italiani in Europa un anno dopo, tra Xylella e Swaziland
Roma. Sognare il compagno spagnolo (Pablo Iglesias di Podemos), visto che il compagno greco Tsipras, preso a modello, non ha portato i compagni italiani dritti dritti in Paradiso: questo lo stato d’animo nella sinistra in cerca di identità, quella che il 6 e il 7 giugno si raccoglierà attorno alla futuribile “Coalizione sociale” di Maurizio Landini, sindacalista minoritario nel sindacato e al momento pure fuori, e che poi, a fine mese, magari spererà anche nel “Possibile” di Pippo Civati. Vedersi tutti in un centro congressi a Roma: questo l’obiettivo minimo degli speranzosissimi fan di Landini (Paolo Flores d’Arcais in testa, che da MicroMega ora lancia un vademecum per sbaragliare Matteo Renzi “in tre mosse”) e degli orfani sparpagliati di qualsiasi cosa. Orfani dell’avventura bertinottiana, post-bertinottiana, vendoliana (lo “Human factor”, come diceva Vendola, per ora non è pervenuto) e ingroiana, post-grillina, verde e benecomunista (Rodotà-tà-tà). Ma raccapezzarsi nel mare magnum di sigle sommerse che a Landini (e a Podemos) guardano pare difficile, e infatti nessuno vuole farlo: si preferisce pensarsi di nuovo come “big bang”, scioglimento e ricomposizione.
Se lo augurava anche l’eurodeputato de “L’altra Europa con Tsipras” nonché firma emerita di Repubblica Curzio Maltese, sull’Huffington Post, qualche tempo fa (“sciogliere tutte le liste di sinistra per far nascere l’alternativa a Renzi”). E però son dolori, non foss’altro per il sostanziale flop, alle Europee 2014, degli “Tsipras” italiani medesimi, fermi al 4 per cento. Ma prima sì che si era vagheggiato lo sfracello altrui, prima cioè nel gennaio 2014, quando era circolato l’appello degli intellettuali (Flores, Marco Revelli, Luciano Gallino, Barbara Spinelli e Guido Viale) che – segno del destino per i landiniani in attesa? – auspicavano, per dirla con il nume tutelare Stefano Rodotà, l’avvento di una “coalizione sociale” per “rinnovare la sinistra”. A suggello di quell’iniziativa, sulla scia della Grecia stregata da Syriza e da quell’Alexis Tsipras che parlava in greco (non in inglese, lingua del capitale) tra i velluti del Teatro Valle occupato, erano arrivati anche i “beautiful” della gauche scontenta dell’andazzo (sempre scontenta, con qualsiasi andazzo), da Nicola Piovani a Sabina Guzzanti a Carlin Petrini. E tutto si tiene: oggi che gli sparuti Tsipras eletti al Parlamento europeo – Eleonora Forenza di Rifondazione comunista, Curzio Maltese e Barbara Spinelli (dimessasi però dalla lista e rimasta come indipendente) – lottano da lontano, contro l’Expo “delle multinazionali”, Petrini lotta all’interno dell’Expo contro “l’opulenza” (nel mondo si muore di fame, è il mantra).
[**Video_box_2**]Il buongiorno, comunque, si vedeva dal mattino. Si era passati infatti dalla lotta intestina (garanti inferociti e veti incrociati per dirimere la questione: “Luca Casarini in lista sì o no?”) al fuoco amico verso chi avrebbe dovuto rinunciare al seggio (sempre Spinelli) ma ci aveva ripensato. Quanto a Maltese, presto si era ritrovato alla mercé della rete livellatrice (doveva o no tenersi anche lo stipendio da firma di Repubblica?). E così si è capito che tra il dirsi “coalizione sociale” e il farsi politica vera c’è tutta una strada, anche accidentata, tanto che agli eletti in Europa quasi conviene occuparsi d’altro, per esempio dell’Italia: no a questa e quella presa di posizione renziana, no alla Tav, lotta dura per i precari della scuola. E i temi europei? Sì, ma per combattere i trattati di libero scambio (attenzione a legare “il nostro sistema politico cleptocratico” alle “domande dei mercati”, dicevano gli intellò pro-Tsipras). Dopodiché gli eletti (Maltese e Forenza, attruppati nel gruppo Gue/ngl con tutte le sinistre europee) paiono attirati irresistibilmente dall’interrogativo “il governo Renzi sta contravvenendo alle direttive Ue?” e dallo psicodramma della Xylella (“no all’eradicazione degli ulivi in Puglia”). Dovevano sconfiggere la plutocrazia burocratica, gli Tsipras d’Italia, e però per ora sono fermi, come Maltese, alla proposta di risoluzione comune sullo Swaziland – in difesa di due attivisti per i diritti umani, per carità, eppure le magnifiche sorti e progressive della sinistra da “big bang”, al momento, non paiono ancora così magnifiche (landiniani avvisati).