Da Craxi a Denis: il Cav. e il suo senso dell'amicizia
L’uno compila una lista di senatori pronti ad abbandonare Forza Italia, l’altro lo vuole trattenere ed è pronto a ogni funambolica carezza, entrambi sono capaci di intendere e interpretare il difficile gioco delle mezze verità, e poiché si conoscono troppo bene, entrambi un po’ bluffano, parlano cioè tra loro alla maniera degli amanti, capricciosa, frivola, dissimulando d’istinto i pensieri più segreti, rivelandoli loro malgrado con una battuta canzonatoria o un sospiro. Ed è un’impalpabile nuvola fatta di intrecci ed equivoci reciproci che avvolge e nutre questa amicizia gloriosa e periclitante tra Denis Verdini e Silvio Berlusconi, che per quasi diciassette anni sono stati Cavaliere e scudiero, Don Chisciotte e Sancho Panza, e adesso invece chissà. Per Berlusconi l’amicizia è sempre stata un istintivo accordo ordinato agli scopi dell’azione, un proficuo adattarsi tra loro di certe concordanze della vita quotidiana, l’interesse e gli affari, Craxi e la tivù commerciale, la battuta e il baratto, così con Umberto Bossi, per esempio, ma così anche con Tarak Ben Ammar o con Vladimir Putin, il socio padano delle origini politiche, il socio tunisino delle origini televisive, e l’amico zar di tutte le Russie. E Verdini, coordinatore e banchiere, ha avuto il suo ruolo di primo piano in questo ludico schema di commistioni tra privato e pubblico, politica e denari, interesse e consenso, in questo pasticcio di successo che è stato il ventennio berlusconiano, fino alla sensalìa del Nazareno.
Alcune amicizie il Cavaliere le ha consumate come le suole delle scarpe: risuolatura, rimonta, abbandono. E’ stato così con Pier Ferdinando Casini, che ancora gli rimane simpatico, malgrado tutto: ci ha litigato, ma poi ha ripreso a telefonargli, a raccontargli barzellette, finché a febbraio non ha persino cercato di eleggerlo al Quirinale al posto di Mattarella. E d’altra parte Berlusconi, un po’ per indole, un po’ per equivoco sulla natura della politica e del business, è uno che ha investito molto nell’amicizia, anche se per decessi prematuri, congedi, litigi, tradimenti e ingratitudini, dicono si trovi adesso un po’ senza capitale. Potrà fare a meno di Verdini? Alcuni dei suoi amici non sono stati altro che nemici coi quali aveva in realtà concluso un armistizio non sempre onestamente osservato, è il caso di Gianfranco Fini, con il quale Berlusconi non si prendeva affatto, non solo caratterialmente o per questioni di potere, ma anche per via del fumo di sigaretta che il capo di Alleanza nazionale gli soffiava in faccia. E infatti queste sue amicizie fondate sull’equivoco gli sono sempre esplose tra le mani, ché amicizie evidentemente non erano, come quella con l’ex figlioccio Angelino Alfano, delfino senza quid: partorito, cresciuto, amato e poi reietto come un qualsiasi Sandro Bondi. E per questo il Cavaliere ha spesso avuto mezzi amici, occasionali e d’interesse, molti cortigiani, e pochi amici interi, nel senso di uomini che gli hanno fatto anche delle riserve, che lo hanno criticato, che gli sconsigliavano d’entrare in politica, o che volevano tenerlo nei governi di grande coalizione, cioè Fedele Confalonieri, Gianni Letta, Adriano Galliani, Marcello Dell’Utri. Come andrà a finire con Verdini non lo sa nessuno, ma poiché la narrazione e la pantomima sempre raggiungono nel mondo di Arcore una certa grazia acrobatica, qualcuno suggerisce che le mosse sinuosamente renziste del suo vecchio scudiero, sotto sotto, al Cavaliere che punta al 2018 non dispiacciono affatto.