Il presidente del Consiglio Matteo Renzi (foto LaPresse)

Le tre vie di Renzi

Alessandro Giuli
Un Nazareno ombra, una Playstation allargata, un governo di scopo - di Alessandro Giuli

Navigare necesse est, ma con chi? Sotto i chiari di luna di una maggioranza esile e sfarinata, in Senato, assalita dai morsi delle inchieste giudiziarie romane e no, Matteo Renzi ha di fronte a sé tre opzioni.

 

Può allestire una specie di Nazareno 2.0 senza dichiararlo, un Nazareno ombra garantito dai cespugli del berlusconismo dialogante capitanati da Denis Verdini, con il silenzio assenso di Berlusconi e tenendo presente che talora il Cav. dice sì anche quando urla il contrario. La partita delle riforme costituzionali e gli altri provvedimenti più qualificanti dell’esecutivo, come la riforma dell’istruzione, avrebbero così aspettative di vita e di successo abbastanza elevate. Ma a che prezzo? Il limite dell’operazione è che sarebbe la resurrezione di un patto sotto mentite spoglie, ma troppo trasparenti per non diventare oggetto di fuoco amico da parte degli alfaniani (figurerebbero più inutili che mai) e delle minoranze piddine che griderebbero alle nuove larghe intese col puzzone di Arcore. Insomma il piano Nazareno ombra dovrebbe essere prima o poi formalizzato e nessuno dei due contraenti sembra avere interesse a farlo.

 

Una seconda possibilità è quella di allargare il Patto della Playstation stretto da Renzi con gli ex giovani turchi di Matteo Orfini. A chi però? Il premier finora è stato abbastanza intelligente da non riconoscere – anche per demeriti altrui – l’esistenza di un’opposizione unica nel Partito democratico. In mancanza di una minoranza monolitica, strutturata e riconoscibile in una leadership unitaria, Renzi può giocare, tra promozioni e rimpastini, con gli interpreti del “male minore”. Da Roberto Speranza a Enzo Amendola, gli interlocutori non mancano, ma sono figure minori e non così forti da controbilanciare le intemerate della vecchia ditta malmostosa (Bindi, Bersani, Fassina, Cuperlo ecc.). E’ poi difficile immaginare che Renzi voglia spingersi fino al limite estremo di un negoziato che nasce viziato in partenza. Se i ribelli avessero soltanto richieste specifiche su cui trattare, qualcosa si potrebbe fare; il problema è che loro vogliono imporre a Renzi un metodo che ricalca l’unicum dell’elezione di Mattarella al Quirinale: sottoporre gli atti del governo al vaglio preventivo e vincolante delle correnti piddine; un po’ come pretendeva di fare Angelino Alfano quando reclamava (inascoltato) lo ius primae noctis sulle (poche) questioni affrontate da Palazzo Chigi con Berlusconi. Metodo irricevibile.

 

[**Video_box_2**]La terza e ultima possibilità (forse ce ne sono altre ancora non immaginate, ma qui si ragiona per sommi capi) obbedisce al principio di realtà: Renzi non dispone di numeri autarchici in Senato e non è nelle condizioni di siglare accordi troppo impegnativi ed escludenti. Da solo rischia di finire sotto il pelo dell’acqua, con il Cav. contro tutti non può stare, con tutti senza il Cav. nemmeno. Ergo, dovrebbe ammettere che il suo è divenuto un governo di scopo, non per forza a scadenza ravvicinata, ma con pochi e precisi punti di programma: riformare, dopo il mercato del lavoro, la Costituzione, la scuola, la Pubblica amministrazione e il fisco. Su questi dossier Palazzo Chigi ascolta i diretti interessati, però non fa concertazione, non improvvisa cabine di regia, vertici di maggioranza, assemblee di coalizione. Al massimo informa il partito, dove comunque i renziani sono maggioranza, e poi procede spedito magnetizzando di volta in volta il consenso di chi ci sta (è già successo perfino con i Cinque stelle, sugli eco-reati, ma non so se sia un caso di cui vantarsi). Vantaggi potenziali: in questo momento, tolti i grillini, nessuno vede una reale convenienza nell’eutanasia della legislatura né appare in grado di arrangiare un governo alternativo a quello di Renzi.

 

Controindicazioni: la debolezza altrui non garantisce a sufficienza la riuscita di un’operazione che già di suo segnala un tacito deficit renziano (“non so più con chi governare”) e la possibilità di farsi condizionare o tradire da chiunque su singoli provvedimenti, anche per miseri calcoli di retrovia. Il rischio non è ben calcolabile. E in ogni caso, per certi azzardi, occorre forse una chiacchierata preventiva con il capo dello Stato.