Silvio Berlusconi e Matteo Renzi (foto LaPresse)

Un Nazareno di non belligeranza

Claudio Cerasa
Come dice il vecchio saggio la fissazione è peggio della malattia, e sappiamo di correre questo rischio. Ma davanti alle difficoltà che si sono presentate una per una alla leadership di Matteo Renzi, è evidente che i primi segnali di declino del governo Leopolda vanno fatti risalire a una data precisa: 30 gennaio 2015.

Come dice il vecchio saggio la fissazione è peggio della malattia, e sappiamo di correre questo rischio. Ma davanti alle difficoltà che si sono presentate una per una alla leadership di Matteo Renzi, è evidente che i primi segnali di declino del governo Leopolda vanno fatti risalire a una data precisa: 30 gennaio 2015, giorno dell’elezione di Sergio Mattarella al Quirinale. Da quel giorno, per Renzi è cambiato molto. E la decisione di sacrificare il patto del Nazareno in nome dell’unità della sinistra ha avuto un impatto importante sulla direzione del Pd. Il patto del Nazareno non era soltanto un patto di condivisione e di complicità politica tra due leader che su alcuni punti avevano e forse hanno idee comuni, ma era anche uno strumento fondamentale per dare al Pd renziano la possibilità di declinare in modo virtuoso la vocazione maggioritaria e di ridurre al minimo le mediazioni con la parte più distante del Partito della Leopolda: la minoranza del Pd.

 

Senza patto del Nazareno, Renzi non ha smesso di governare a forza di spallate ma senza il cuscinetto di Forza Italia giorno dopo giorno le spallate hanno cominciato a creare dolori al corpaccione del partito. Per questo, lo scriviamo da tempo, la rottamazione dei tabù del centrosinistra, tabù che spesso coincidono con quelli del paese, non può avvenire senza riuscire a coinvolgere nel processo di riforme una parte di Forza Italia. E qui vi è la novità gustosa di queste ore che è la seguente: Forza Italia non è detto che non ci stia. La ragione oltre che politica (sulle riforme istituzionali votare contro alla lunga rischia di essere controproducente) è tattica e per un centrodestra che ha intenzione di costruire un’alternativa credibile al renzismo (lo spazio c’è) potrebbe essere vitale dare al governo la possibilità di governare il più a lungo possibile. Il patto del Nazareno dunque non c’è più.

 

[**Video_box_2**]Ma un Nazareno di non belligeranza potrebbe essere la chiave giusta per inquadrare, nei prossimi mesi, la direzione del governo Renzi. Si dirà: conviene a Renzi. Ma alla lunga offrire qualche senatore di scorta al presidente del Consiglio, o svuotare qualche volta (ops) l’Aula di Palazzo Madama al momento opportuno per far abbassare l’asticella necessaria per raggiungere la maggioranza, potrebbe essere non un regalo a Renzi ma al centrodestra che sarà. E più durerà questa legislatura, più il dinamismo dei due Matteo potrà essere ridimensionato. E abbiamo detto i due Matteo non certo per caso.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.