Berlusconi e il suo “Tsipras, no grazie”
Lo dice in maniera diplomatica, con tatto, misurando le parole, provando a giocare insieme sia la partita del no all’austerity sia la partita del no al cialtronismo benecomunista, ma alla fine, in un intervento pubblicato ieri sul Giornale, Silvio Berlusconi risponde alla domanda del Foglio. La domanda era questa: “Come vota in Grecia, caro Berluskakis?”. Ha scritto due giorni fa Giuliano Ferrara su questo giornale: “Il mio amico Berluskakis è proteiforme, è tutto, può incarnarsi in qualunque immagine mitica, leone volpe medusa angelo demonio, ma non lo vedo nella figura di un militante anticapitalista che pretende di fare la rivoluzione con i soldi in prestito dei capitalisti”. La risposta di Berlusconi non è diretta ma è evidente e il Cavaliere scrive che, sì, “la formula adottata dalle istituzioni europee e internazionali di un ‘rigore senza sviluppo’, non soltanto non è accettata dai cittadini di molti paesi europei, ma è avvertita – a torto o ragione – come una scelta egoistica da parte dei paesi più forti dell’Ue”.
Ma nonostante questo, “l’Europa non può permettersi di perdere la Grecia per ovvie considerazioni storiche e geopolitiche, ma anche per una ragione di fondo: perdere la Grecia significa accettare l’idea che l’integrazione europea è reversibile, che dall’Europa si entra e si esce, che non siamo una comunità di popoli ma un club al quale accedere o da cui recedere, secondo le contingenze”. Berlusconi non sottoscrive dunque le parole offerte ieri al nostro giornale da Renato Brunetta, capogruppo alla Camera di Forza Italia, convinto come molti esponenti del centrodestra che il fronte Tsipras vada sostenuto sia per dare una sculacciata alla Merkel sia per vendicare i tecnocrati che provano periodicamente a mettere in discussione la sovranità dei paesi membri, e sceglie di entrare nell’unico perimetro possibile e ragionevole che è quello dei leader politici responsabili che ricordano alla Grecia che per crescere occorre mettere in atto riforme strutturali, che a volte possono essere anche dolorose, e che Tsipras “rappresenta la sinistra peggiore, un mix di ideologia e di demagogia anticapitalista dagli effetti disastrosi”. Berlusconi entra dunque nello stesso perimetro che ha scelto di presidiare il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, sapendo perfettamente che nel breve periodo i populismi possono trionfare ma alla lunga non potrà che affermarsi il principio di realtà. E il discorso, da un certo punto di vista, oggi vale per Tsipras e un domani, referendum o non referendum, non potrà che valere anche per l’altro Matteo: ovviamente, il compagno Salvinikis.