I Madoff della democrazia
Nessuno è vergine, siamo tutti compromessi, vittime delle nostre ideologie, schiavi delle nostre idee, delle nostre ossessioni, e figuriamoci se ci scandalizziamo se un branco di simpatici politici all’amatriciana sceglie di puntare emotivamente le proprie fiche sul Masaniello del Pireo, provando a dimostrare, come se al posto di Varoufakis ci fosse Platone e al posto di Syriza ci fosse Demostene, che finire come la Grecia sia una prospettiva ghiotta per l’occidente e per l’Europa intera. Slurp. Nessuno si scandalizza, dunque, per i Brunettakis, i Salvinos, i Civatos, i Fassinakis, i Malteses, i Di Maios e le Melonoupulos, che hanno provato a spacciare la grande prova di demagogia di Tsipras per una grande occasione di democrazia: ognuno ha le proprie idee, ci mancherebbe, e se c’è qualcuno che avrebbe preferito un governo Ingroia-Vendola-Travaglio-Rodotà nel 2011 al posto del governo Monti-Fornero ha tutta la legittimità di rimpiangere quell’Italia che per un pelo non è finita come la Grecia. Ma arrivati a questo punto della storia, con il massimo rispetto per la brigata Krugman-Kalimera, tocca allargare l’inquadratura e mettere insieme alcune lezioni utili che ci si sono presentate davanti negli ultimi mesi, e che ci confermano che quello che si sta diffondendo in giro per l’Europa non è populismo, troppo facile, non è rivoluzione, je piacerebbe, ma è un qualcosa che somiglia a un fenomeno che va chiamato con il suo nome e che riguarda tutti quei movimenti e partiti che si collocano fuori dal perimetro del principio di realtà, e che più che inseguire un’utopia inseguono qualcosa che somiglia molto a un’internazionale dei Madoff della democrazia. Spacciare l’impossibile per il Possibile, e la rottura degli schemi senza uscire dagli schemi, è una truffa che può essere legittimata dalla volontà di conquistare la pancia degli elettori, e quando si è in campagna elettorale sono un po’ tutti Madoff e un po’ imbroglioni e un po’ allegri ciarlatani che promettono cose che si possono annunciare ma che ovviamente non si possono realizzare (la ristrutturazione del debito pubblico, signora mia).
Il caso Tsipras, da questo punto di vista, a proposito di Madoff, a proposito di chi fa politica più inseguendo che guidando i propri follower, non è solo lo specchio fedele di un’Europa che se la si vuole cambiare la si deve cambiare da dentro, con la forza della diplomazia e della politica e non con la forza dei ricatti e della demagogia, ma è la storia di un nuovo ceto politico che nasconde la sua impotenza ideologica dietro uno schermo, “è tutta colpa del neoliberismo”, e che non riesce ad ammettere che quello che si contrasta coincide con il così detto principio di realtà, con le cose che, semplicemente, quando sei al governo non puoi non fare, salvo affidare il tuo paese non alla classe degli eletti ma ai tuoi troll. C’è chi alla fine lo accetta, questo principio, sapendo che per contare qualcosa deve scendere a compromessi con i nemici, a proposito di Nazareni, anche a costo di rinnegare le proprie idee, di ammettere che gli ideali sono ideali e che governare è una cosa diversa. Vale per Tsipras, questo. Ma vale anche per quei partiti massimalisti che si presentano in campagna elettorale per sfidare il sistema e che scoprono poi che l’unico modo per cambiare il sistema è fare accordi con chi fa parte del vecchio sistema (Podemos, in Spagna). Vale anche per quei sindaci che si fanno eleggere per non fare i termovalorizzatori e che poi si trovano costretti a farli (Pizzarotti). Vale per quei politici intransigenti che dicono che gli avversari sono il male assoluto ma che poi scoprono che se vogliono contare qualcosa devono chiedere i voti ai nemici brutti e cattivi (qualcuno chieda a Di Maio come è diventato vicepresidente della Camera). Vale per quei politici che non avendo mai avuto incarichi di governo (Salvini) possono dire tranquillamente che l’euro è il male assoluto, salvo ritrovarsi poi di fronte a politici con il proprio dna e che al governo ci sono stati eccome (Bossi) e che per questo, per esempio, ti dicono che lasciare l’euro è una boiata pazzesca.
[**Video_box_2**]Si potrebbe andare avanti per ore, e raccontare altri casi paradossali, ma ciò che incuriosisce è che il fenomeno descritto vale più a sinistra che a destra, e in fondo l’Europa è piena di politici della gauche non abituati a governare che quando si ritrovano di fronte alle cose che non si possono non fare tendono a definirle semplicemente di “destra”, dunque inaccettabili, tradendo così una fragilità culturale che trasforma in estraneo (“di destra”) ciò che invece è solo di governo e dimostrando involontariamente che ciò che spesso si deve fare, e che corrisponde al principio di realtà, è estraneo alla sinistra. E’ andata così in Italia con la sinistra che ha individuato nelle dinamiche del governo Renzi un’incompatibilità con le idee della sinistra kalimera. E’ andata così in Francia, dove, con l’arrivo del governo Valls, il Fassina francese, Arnaud Montebourg, si dimette accusando Hollande di aver imboccato una deriva neoliberista. Andrà così anche in Grecia, dove il piano di salvataggio accettato da Tsipras avrà l’effetto di accettare, nel senso di accetta, la sinistra che si credeva rivoluzionaria e che invece è costretta a essere di governo. E dunque, per carità, ognuno ha le sue ossessioni e le sue ideologie ma la storia di Tsipras ci permette di darvi un consiglio per il futuro: quando ascoltate un politico che vi promette che si immolerà contro il rigore, che combatterà la Merkel, che spazzerà via il neoliberismo, sappiate che generalmente quel politico vi sta prendendo in giro, vi sta un po’ truffando, e sta negando un principio elementare: quando si sta all’opposizione si può fare caciara, ci si può divertire come durante un’okkupazione o un’autogestione, ma quando governi non puoi nascondere a lungo la polvere sotto il tappeto. Chi accetta questo principio accetta di governare. Chi non accetta questo principio sta facendo il Madoff della democrazia, e sta usando la demagogia anche per truffare i propri elettori.