Renzi e l'armistizio con i magistrati
Roberto Giachetti è il vicepresidente della Camera, è un deputato del Pd, e il politico che Renzi vorrebbe schierare a Roma nel caso di elezioni anticipate e nonostante la sua fedeltà assoluta alla dottrina renziana venerdì pomeriggio non ha potuto fare a meno di notare un pasticcio clamoroso e quantomeno sospetto combinato dal governo guidato dall’amico rottamatore. Il caso in questione riguarda una norma particolare contenuta nella legge sulla pubblica ammistrazione, in discussione in questi giorni in Parlamento, che permette ai magistrati di rinviare ancora di un anno, dopo una proroga già ottenuta nel 2014, l’uscita dagli uffici giudiziari. Una mossa che, stando a quanto suggerito dallo stesso Giachetti, lascerebbe quasi intendere che il governo Renzi, in questa fase in cui il Pd sente in modo minaccioso il fiato sul colle da parte delle procure, abbia scelto di proporre alla magistratura un piccolo armistizio politico. “Avevamo stabilito solo un anno fa nel decreto sulla Pubblica Amministrazione – dice Giachetti – che i magistrati non potessero restare in attività oltre i 70 anni (e già questo la dice lunga su come vanno le cose in Italia).
A distanza di qualche mese scopro che si fa una deroga per un anno per i magistrati ordinari perché, altrimenti, ci è stato spiegato che ci sarebbe la paralisi della giustizia. Ma cosa c’è di più paralizzante di un processo penale che mediamente dura 5 anni e uno civile, nella migliore delle ipotesi, 10? Va bene, ma questa ormai è andata. Scopro ora che nei giorni scorsi è stata approvata una norma ad hoc che consente la proroga al pensionamento dei magistrati della Corte dei Conti”. Lo sfogo di Giachetti sintetizza bene una contraddizione importante della dottrina renziana che riguarda il rapporto con i magistrati: annunciare grandi rotture salvo poi ricucire all’ultimo le rotture per evitare rotture. Finora, spesso, è andata così. Si è giocato molto con i simboli senza raggiungere risultati concreti. I simboli sono importanti, ovvio, ma ciò che conta è la sostanza dei provvedimenti. E purtroppo, dopo un anno e mezzo, sul fronte giustizia l’approccio del governo, tranne alcune eccezioni nel lavoro sulle carceri fatto dal ministro Orlando, ancora non raggiunge neppure lontanamente la sufficienza.