Il web come fucina di candidati è inservibile. Ora lo ammette anche Grillo
Roma. Il crepuscolo degli idoli è qui, anche se, nel mondo “dal basso” a Cinque Stelle, era cominciato già qualche mese fa, nell’autunno scorso, quando Beppe Grillo aveva nominato cinque “uno vale uno” che valgono più degli altri (il cosiddetto direttorio composto da Alessandro Di Battista, Luigi Di Maio, Barbara Lezzi, Carla Ruocco e Carlo Sibilia). Ma la notizia che giunge ora – una prossima lista grillina per le amministrative del 2016 a Bologna che parte dal mondo reale e non dal web, come si legge sull’edizione locale del Corriere della Sera – è una notizia che ha dell’incredibile, se giudicata con i parametri grilleschi prima maniera, ovvero quelli per cui la Rete era il dio assoluto e tutto il resto fuffa, e solo dal profondo della Rete, dunque, potevano affiorare gli inesperti ma “onesti” (parola magica) sconosciuti da candidare con qualche clic al Parlamento, previa presentazione di curriculum on line e video spesso tragicomico (indimenticati restano gli aspiranti deputati e senatori visti alle “Parlamentarie”, prima delle elezioni politiche 2013, con chicche subito replicate nelle imitazioni di Maurizio Crozza).
A chi chiedeva “ma siete sicuri che poi questi sconosciuti sappiano fare i parlamentari?”, e a chi obiettava che non sempre l’essere “inesperti” è un valore in sé, arrivavano alzate di spalle a Cinque Stelle (sempre on line) contro i cittadini dagli occhi foderati di prosciutto che ancora votavano gli “zombie”, quelli dei partiti, o i candidati che avevano avuto – orrore degli orrori – esperienza nei Palazzi della politica locale e nazionale. Epperò lo si è capito subito, una volta eletti al Parlamento, che era facile a dirlo ma non a farlo. E adesso, a distanza di due anni, il contrordine-compagni: a Bologna, in vista del possibile ballottaggio con il Pd per la poltrona di sindaco, l’anno prossimo, si pensa a una lista di “competenti”, capitanati da Max Bugani e Marco Piazza, già consiglieri comunali, più tutta una serie di nomi presi, come si direbbe nei partiti non devoti alla dea Rete, dal mondo “delle associazioni” (Agende Rosse, scuola, organizzazioni non governative per disabili, comitati per l’acqua, l’aria, il fuoco e il vento). “Questa volta facciamo sul serio”, dice Bugani parlando, altra incredibile parola per un M5s “ortodosso”, di “governabilità” (Bugani è noto per essere stato più grillino di Grillo ai tempi delle prime epurazioni in Emilia Romagna, con Federica Salsi e Giovanni Favia additati alla Rete, allora ancora divina, come colpevoli del reato di talk show – che era come dire “reato di alto tradimento”).
[**Video_box_2**]Ma oggi, chez Beppe Grillo, si è tacitamente pronti a non affidare la selezione al clic dell’attivista, di fatto mettendo momentaneamente da parte il web per ragioni di realpolitik (“rottamare” il web, direbbero forse nei famigerati partiti?), per provare a mettere in campo una squadra di gente non neofita (se non sei d’accordo potrai lo stesso candidarti on line, ma a tuo rischio). La distopia in qualche modo deve aver fatto il suo corso – o almeno si cerca di limitare il danno. E tra qualche mese, forse, anche presso la Casaleggio Associati diventerà un amarcord l’immagine dei giovani neoparlamentari del M5s che nel marzo 2013 si aggiravano per Montecitorio indecisi se resistere alla tentazione del sentirsi almeno per un’ora parte di quel tutto così istituzionale – solo che non si poteva, pena il fiume di insulti da parte della base internettiana, attentissima a mantenere “incontaminato”, e dunque non esperto, l’eletto al Parlamento.