C'è un nuovo "caso Azzollini" in Senato
Mercoledì prossimo la Giunta delle Immunità del Senato è convocata per votare sulla richiesta di custodia cautelare (arresti domiciliari) a carico del sen. Giovanni Bilardi (Ap-Ncd).
Se Pd, M5s e Lega accoglieranno la richiesta della relatrice Stefania Pezzopane (Pd) di autorizzare l'arresto, nuovamente l'Aula del Senato si troverà, con il voto segreto, a confermare o a respingere, come nel caso Azzollini, la proposta della Giunta.
Come si comporteranno questa volta i commissari del Pd, con il rischio che un voto palese a favore dell'arresto venga poi sconfessato clamorosamente per la seconda volta in Aula?
Innanzitutto voglio ricordare, perché purtroppo incredibilmente ancora i cittadini non lo sanno, che dal 1993, data di abrogazione della cosiddetta immunità parlamentare, deputati e senatori possono essere processati come ogni altro cittadino, senza bisogno di autorizzazione della Camera di appartenenza, e se condannati la porta del carcere si apre senza sconti per loro come per ogni altro cittadino.
Soltanto per l'arresto (cautelare) è necessaria l'autorizzazione, perché la privazione della libertà personale, al di fuori di reati di particolare gravità, renderebbe arbitro l'ordine giudiziario degli equilibri parlamentari fra maggioranza e opposizione, modificando profondamente la normale dialettica democratica.
Basti qui ricordare che l'autorizzazione all'arresto dell'on. Alfonso Papa, annullata successivamente dalla Cassazione per mancanza di presupposti mise in moto il meccanismo che provocò di lì a breve la caduta del governo Berlusconi.
Il 10 ottobre 2011, infatti, il Rendiconto generale del Bilancio dello Stato venne respinto dalla Camera dei deputati con 290 voti a favore e 290 contrari.
Invano l'on. Papa aveva chiesto ai magistrati il permesso di partecipare alla votazione nella quale il suo voto sarebbe risultato determinante, con un corso della legislatura che sarebbe stato di certo diverso da quello che fu.
In secondo luogo si deve sottolineare che la motivazione dell'arresto, in questo caso la possibilità di "reiterare il reato" deve essere attuale e non soltanto teorica.
Ma perché per i magistrati di Reggio Calabria c'è questa attualità del pericolo di "reiterare il reato" da parte del sen. Bilardi, accusato di peculato al tempo in cui era capogruppo di area Scopelliti, nel Consiglio regionale della Calabria, visto che da anni Consigliere regionale non è più, e che le centinaia di suoi colleghi indagati di peculato in tutte le regioni italiane per le cosiddette "spese pazze" sono in attesa, a piede libero, che vengono appurate nei processi le loro responsabilità?
Il perché lo spiegano i magistrati reggini: il sen. Bilardi, in quanto senatore, gestirebbe "ingenti" risorse pubbliche con la possibilità pertanto, dando per scontato le sue responsabilità al tempo in cui era consigliere regionale, di mal gestire anche queste risorse.
Da una rapida indagine effettuata dalla Giunta, in collaborazione con la presidenza del Senato e la presidenza del Gruppo Ap- Ncd, di cui Bilardi fa parte, è stati appurato che il senatore, al di là delle indennità di cariche e di rimborsi spese rendicontabili destinati ad ogni senatore, non gestisce neppure un euro.
E allora? E allora la relatrice Pezzopane ha sostenuto che nella rendicontazione dei 2.090 euro mensili di cui i membri del Senato sono tenuti a giustificarne l'utilizzo per il pagamento dei collaboratori, potrebbe di nuovo commettere i reati di cui è accusato quando era consigliere regionale.
Davanti a questo ragionamento mi sono permesso di chiedere se eravamo su "Scherzi a parte" o alla proiezione del film "Quattro passi nel delirio", perché seguendo il ragionamento della relatrice il collega Bilardi dovrebbe rimanere agli arresti domiciliari per tutto il resto della legislatura, ammesso che sia possibile, come ha osservato il collega Buemi, privarlo dell'indennità dei rimborsi spese per i collaboratori senza neppure una sentenza di condanna di primo grado.
Ma quello che più impressiona di fronte la richiesta di privazione della libertà anche per questi incredibili motivi (e non fate con me l'osservazione che la custodia cautelare è troppo spesso ingiustamente inflitta anche ai comuni cittadini, e ci si indigna soltanto per la Casta, perché ho contestato con eguale vigore questa misura per le maestre di Rignano Flaminio, il Colonnello dei Carabinieri Maurizio Coppola e in altri innumerevoli casi, tutti finiti poi dopo l'ingiusta detenzione nella assoluzione piena nel processo) è che siamo di fronte al capovolgimento della prospettiva a suo tempo voluta dai padri costituenti.
[**Video_box_2**]Nel 1993 infatti venne azzerata la norma costituzionale che prevedeva che per mettere sotto processo un deputato o un senatore era necessaria l'autorizzazione della camera di appartenenza, per tutelare al massimo l'autonomia del legislatore da incursioni della magistratura, limitando questa prerogativa al solo caso della richiesta di arresto.
Nel caso del sen. Azzollini, ed in questo, invece, la richiesta di arresto è paradossalmente motivata soltanto dal fatto di ricoprire attualmente l'incarico di senatore, sino al punto di tirare in ballo le inesistenti "ingenti risorse pubbliche" che ogni senatore avrebbe a disposizione.
Non è chiaro come i commissari del Pd voteranno mercoledì sulla richiesta di autorizzazione all'arresto avallata dalla collega Pezzopane e ancor meno di come si comporterà successivamente L'Aula. Spero soltanto che i commentatori la piantino di raccontare improbabili retroscena, inconfessabili compromessi, promesse di posti e potere in caso che la richiesta di arresto venga respinta.
In questo caso, e come in quello di Azollini, il fumus persecutionis è macroscopicamente riconoscibile non soltanto nei confronti degli interessati, ma dell'intero Senato della Repubblica.
Carlo Giovanardi è senatore e membro della Giunta del Senato per le Immunità Senato