Silvio Berlusconi (foto LaPresse)

Il cappellaio Cav.

Salvatore Merlo
“Venti campioni”, ha detto loro, “venti campioni della società civile. E un nuovo grande soggetto politico”. Poi il Cavaliere deve averli visti preoccupati, i suoi cavalli di Forza Italia, riuniti al Consiglio nazionale.

Roma. “Venti campioni”, ha detto loro, “venti campioni della società civile. E un nuovo grande soggetto politico”. Poi il Cavaliere deve averli visti preoccupati, i suoi cavalli di Forza Italia, riuniti al Consiglio nazionale. E poiché è sempre svelto nel cogliere (e nel temere) le altrui insicurezze, allora ha aggiunto, sadico e paterno: “Ma non per sostituirvi. Sarà una cosa parallela”. E così, malgrado i sondaggi siano quel che sono, e malgrado anche il partito, tra correntine, defezioni, tradimenti e cerchi magici (un po’ sformati) sia anch’esso meno pimpante d’un tempo, Silvio Berlusconi ha riconquistato qualche pagina di quotidiano, qualche servizio televisivo, ha dato insomma di che scrivere ai berlusconisti assetati, e ha in definitiva confermato che lì a Palazzo Grazioli, come in nessun altro luogo d’ibernazione, si sa ancora tenere calda la scena con quattro stecchi, un po’ di lustrini, una cerimonia e qualche nuvola di fumo colorato. “Il nuovo partito”.

 

E sono innumerevoli e mirabolanti le volte in cui il Cavaliere ha modellato e reso intrigante, persino di successo, quello che, scandalizzato, Romano Prodi definì “il nulla, il nulla, il nulla”, parlando di Forza Italia. Un nulla morbido, come plastilina nelle mani dell’artista impresario, un fluviale susseguirsi di annunci e contro annunci, suggestioni e ritirate, fantasie e invenzioni, ribalderie e veline di cui ancora oggi si alimenta il circo mediatico, con un effetto inebriante, un gioco di specchi da perdere l’orientamento. Solo negli ultimi mesi, per dire, Berlusconi ha lanciato ben due partiti. Prima un Partito repubblicano (“ma purtroppo il marchio è registrato e non me lo cedono”), poi una cosa chiamata L’Altra Italia (“ma il nome non mi convince: non è inclusivo”). Fino a lunedì scorso, quando ha tirato fuori, sotto gli sguardi cosmici e remoti dei suoi uomini, la suggestione dei venti “campioni”, o “saggi” della società civile. Che siano campioni o saggi, o saggi campioni, dipende dalla versione di chi lo ha ascoltato e poi ha riferito ai giornalisti.

 

[**Video_box_2**]Nel 2005, quando il Cavaliere a un certo punto cominciò ad avvertire un po’ di stanchezza nel suo pubblico di elettori – diceva Lucio Colletti: “I sondaggi quello li sniffa al mattino” – prese ad alimentare un mormorio semi ufficiale, verissimo e falsissimo, intorno a un nuovo movimento di giovani affidato a Maurizio Scelli, una cosa pirotecnica che ovviamente doveva pensionare tutta la vecchia nomenclatura. A quel tempo, Berlusconi era incerto se chiamarlo “Forza Silvio” (nome che ritorna ciclicamente), “Forza ragazzi”, o forse “Onda azzurra”. Alla fine non se ne fece niente, e anche l’astro di Scelli s’eclissò, come accadde poi all’invenzione pazza di un autunno: “La mia erede è Michela Vittoria Brambilla”, che fu il prologo di tutti gli Alfano. Ma anche allora, come oggi, giornali e televisioni, compreso il Foglio, si bevevano tutto. Perché sarà anche in difficoltà, ma con sapienza istrionica il Sovrano di Arcore tiene in piedi uno spettacolo eterno: fa filtrare mezze notizie, e sempre butta una fialetta in mezzo alla metaforica stanza della politica per godersi di nascosto l’effetto che fa sui tormentati e famelici cortigiani e sul pubblico dei cittadini elettori. A novembre del 2012 tramortì il Pdl dicendo che le cose sarebbero cambiate da un momento all’altro, sventolò la mitica ed evanescente figura di un erede, “ho un dinosauro nel cilindro”. Poi, lanciata la fialetta, mollati Alfano e la corte tutta a Roma, se ne volò a Malindi da Flavio Briatore. Non si può dire che abbia inventato lui lo spin, ma dell’iperbole ha fatto arte.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.