Come migliorare la riforma del Senato per votarla con Renzi
Pur non condividendo le battute provocatorie e tendenti al paradosso con cui Ferrara ama liquidare passaggi nevralgici della storia e dell’attualità politico-parlamentare, ne raccolgo il prezioso contributo a un ampio dibattito sul processo di riforma. Siamo da sempre convinti della necessità di una revisione della Carta costituzionale tesa a rendere più funzionali, tempestivi ed efficienti la struttura e il governo del paese e il processo della formazione delle leggi. Non a caso, abbiamo preso parte al percorso di una riforma che contiene alcuni dei princìpi cardine della nostra del 2005, bocciata poi da un referendum fortemente politicizzato, nella convinzione che la riscrittura delle norme fondamentali della Costituzione avesse bisogno dei contributi di tutte le forze politiche.
Tuttavia, non riteniamo che questo processo possa dirsi concluso e che ancora si possa, e si debba, lavorare a un testo, che al Senato era stato già molto migliorato rispetto alla proposta governativa, e che alla Camera ha subìto modifiche che hanno, per esempio, fortemente indebolito il ruolo del Senato, fino alla sostanziale irrilevanza. Forse proprio a causa della sua elezione di secondo livello.
E’ su questo che intendiamo porre l’attenzione e richiedere un’ulteriore riflessione: sull’esigenza di trovare il giusto equilibrio tra fonte di legittimazione e funzioni che la Camera alta sarà chiamata a svolgere, pur nell’ambito di un assetto monocamerale.
Un’altra grave distorsione all’assetto politico-costituzionale è rappresentato ormai dall’Italicum che, anche se approvato in tempi recenti, rischia di aggravare invece che risolvere il vulnus del premio di maggioranza eccessivo. Il sistema politico italiano non ha una struttura bipartitica, quindi si potrebbe arrivare a un ballottaggio fra due liste del 25-30 per cento che concorrono a un premio pari alla percentuale raggiunta al primo turno. Improponibile. E’ quindi obbligatorio tornare a una legge elettorale che rispetti il bipolarismo e premi le coalizioni: un sistema che, pur con tutti i suoi difetti, garantisce che il premio di maggioranza non distorca completamente la volontà degli elettori.
Per quanto riguarda il Senato, il mandato diretto dai cittadini della propria regione è la legittimità per eccellenza, ed è per questo che poniamo l’elezione diretta dei senatori come condizione per riaffermare il ruolo fondamentale di un Senato rappresentativo delle istituzioni territoriali e svincolato dal rapporto fiduciario con il governo. E se si può ragionare su modalità di elezione che consentano pari espressione della volontà popolare, riconoscibilità da parte degli elettori e dunque valorizzazione della scelta da parte dell’elettore, non si può prendere in considerazione la possibilità di limitarsi a modificare l’articolo 70 senza toccare l’art. 57.
[**Video_box_2**]Vorrei spiegare brevemente quello che può sembrare solo accanimento: l’articolo 70, della Costituzione oggi recita che la funzione legislativa è esercitata da entrambe le Camere. Nella riforma in discussione, con il superamento del bicameralismo perfetto, l’articolo 70 deve distinguere fra le funzioni legislative di competenza della Camera e del Senato. Punto. Nulla ovviamente sulla loro elezione, come è ovvio che sia. L’articolo 57 invece, sia nella versione attualmente in vigore, sia in quella contenuta nella riforma, dispone delle modalità di composizione ed elezione di entrambe le Camere. La struttura della Costituzione è chiara e necessariamente precisa: l’articolo 57 è contenuto nella Sezione I: “le Camere” del Titolo I “Il Parlamento”, mentre l’articolo 70 è ovviamente parte della Sezione II “la formazione delle Leggi”, del medesimo Titolo. Non si può in nessun caso disporre una modalità di composizione nella sezione deputata e inserire dei, chiamiamoli, correttivi nella sezione della formazione delle leggi. Riformare vuol dire anche rispettare la Costituzione. Ed è in base a questo principio che auspichiamo che si possa lavorare alla riscrittura delle regole con la più ampia condivisione possibile e che, questa volta, il referendum possa essere il segno della raggiunta maturità del nostro paese.
Paolo Romani è il presidente dei senatori di Forza Italia