In lode di Giorgio Federer Napolitano, eroe della ragion di Stato
Una frase, nota a tutti e stimatissima a sinistra, non s’addice per nulla a Giorgio Napolitano. E’ quel monito che il comunista Bertolt Brecht infila – un po’ a forza – in bocca a Galileo Galilei: “Sventurata la terra che non ha bisogno di eroi”. Di certo la frase ha senso se si ha un’idea della storia e della politica coerenti col superamento di entrambe, verso un eden demoniaco nel quale ognuno dà secondo le proprie capacità e riceve secondo i propri bisogni. Se invece si ha a cuore più di ogni altra cosa la libertà dell’uomo, e se ne ricava un’idea corruttibile della storia e disarmonica della politica (almeno quanto di corruzione e di disarmonia è intrisa l’esistenza umana), si finisce per aver bisogno di eroi come del pane. Napolitano è l’eroe dei nostri tempi. Ma non alla maniera del collerico Pecorin di lermontoviana memoria (che ricorda altri novantenni editorialisti di lungo corso).
Napolitano è come Federer. Tutti a dirgli di starsene buono, che non vale la pena arrivare in finale a Wimbledon che poi non gli reggono le gambe con Djokovic, che ormai c’è un altro numero uno, che tanto tutto quello che poteva dare l’ha bello che dato, di meglio non potrà mai fare, anzi non potrà che peggiorare il proprio score… Federer se ne infischia e continua a giocare: continuando a vincere, continuando a perdere. Così quel magnifico fisicaccio di re Giorgio. Della risposta apparsa ieri su Rep. di Federer-Napolitano a Pecorin-Scalfari quello che colpisce è soprattutto la chiusa della lettera, nella quale l’emerito spiega al fondatore che non solo pensa di essere nel giusto a continuare a dire la propria sulla riforma costituzionale. Ma che continuerà a dirla fino a quando gli aggraderà farlo, da “membro attivo” del Parlamento quale lo riconosce la Costituzione e, soprattutto, la sua gioia di vivere e di dare battaglia. Perché il bicameralismo perfetto era una ciofeca prima di Renzi e, se Renzi non dovesse cancellarlo, resterà una ciofeca dopo. E le conseguenze le pagheranno gli italiani alle prese con una macchina-stato ingolfata che, invece di risolver loro qualche grana, gliene procurerà altre.
La buona idea di superare il bicameralismo perfetto non cessa di essere buona perché l’ha fatta propria un tuo avversario politico, chiosa implicito Federer-Napolitano a Pecorin-Scalfari. A re Giorgio sta a cuore la ragion di Stato. Gli è sempre stata a cuore solo quella. E da quando, molto presto, ha ripudiato quel leninismo mai abbandonato da Berlinguer e compagni, la ragion di Stato che ha a cuore è quella di una liberaldemocrazia in lenta e faticosa evoluzione. In questo (coerentissimo) senso, Napolitano ha colto i significati delle piccole svolte della nostra storia patria: dalla fine del centrosinistra alla lotta al brigatismo comunista, dalle accelerazioni di Craxi alla modernità di Berlusconi, fino alla autoreferenzialità di una sinistra incapace di sviluppare una visione che fosse credibile, affidabile e praticabile (per citare il suo amato Giolitti). E rispetto a tutti questi snodi, Napolitano ha sempre avuto un approccio contemporaneo, come si addice a un uomo di ragione e, per giunta, di sinistra! Figurarsi se non dovrebbe fare lo stesso con Renzi…
[**Video_box_2**]Quando Federer-Napolitano va a rete e se la gioca il tutto per tutto, ha in testa solo quella: la ragion di Stato. E in nome di essa, e dell’interesse nazionale che da essa discende, che nell’autunno caldo che ci attende lo vedremo dar battaglia dagli scranni di un Senato che, col suo contributo, si augura di svuotare di 2/3 dei suoi componenti e delle sue tradizionali funzioni. Poi, certo, ogni tanto ci scappa qualche ceffone agli ingraiani in pantofole che bivaccano nella sinistra del Pd e nella Cgil. Ma è soltanto una piccola debolezza (o un silenzioso piacere) che anche all’eroe più fiero talvolta si può concedere.
Antonio Funiciello è consulente della Presidenza del Consiglio dei ministri