Matteo Renzi sul palco del Meeting di Rimini, dove ha parlato dei danni dell'antiberlusconismo negli ultimi vent'anni (LaPresse)

L'anti berlusconismo dei caciottari della politica spiegato al circoletto del Palasharp

Claudio Cerasa
Che cos’è l’anti berlusconismo? Gli sciocchi pensano che sia solo un legittimo e sano spirito di contrapposizione a un’ideologia politica. I meno sciocchi invece capiscono perfettamente quello che in questi giorni in molti hanno fatto finta di non capire.

Le regole del galateo politico dicono che di solito per sostenere un’idea forte, tosta e provocatoria sia necessario accompagnare l’idea da un’affermazione banale, possibilmente preceduta da un’avversativa. Sei un ladro ma ti stimo. Sei un farabutto ma ti adoro. Sei uno stronzo ma ti voglio bene. Nell’almanacco delle frasi provocatorie e forti e toste affiancate da un’affermazione banale potremmo inserire una frase importante fatta da Matteo Renzi la scorsa settimana al Meeting di Rimini. La frase, che ci permettiamo di editare per renderla più comprensibile, è più o meno questa: gli anti berlusconiani sono degli stronzi che hanno bloccato l’Italia per anni, ma noi vogliamo bene, vi bacio forte forte, anche a quelli che dicono che è il berlusconismo che per molti anni ha bloccato l’Italia. La frase di Renzi, la prima parte, è una frase importante, forte, tosta, che sta lì a dire una cosa che andrebbe spiegata una volta per tutte a tutti gli intellettuali cretinetti che hanno costruito la propria fortuna declinando l’anti berlusconismo chiodato.

 

Che cos’è l’anti berlusconismo? Gli sciocchi pensano che sia solo un legittimo e sano spirito di contrapposizione a un’ideologia politica. I meno sciocchi invece capiscono perfettamente quello che in questi giorni in molti hanno fatto finta di non capire. Il punto è semplice: l’anti berlusconismo dei caciottari della politica è quella cosa, l’unica, che per anni ha tenuto insieme le allegre comari del Palasharp del centrosinistra e la scelta di aver puntato forte sul pulsante “demolizione del nostro avversario” ha avuto degli effetti devastanti per la cultura progressista italiana. Esempi? Eccoli. Ha permesso al centrodestra di impossessarsi di una serie di temi di cui solo ora la sinistra si sta nuovamente riappropriando. Ha costretto il centrosinistra a fottersene allegramente di trovare un tratto identitario che fosse diverso dal “Berlusconi boia”. Ha creato le basi culturali per la maturazione politica del cialtronismo giustizialista grillino. Ha trasformato il centrosinistra in una sorta di fratello maggiore dell’Anm. E ha involontariamente permesso al centrodestra, e dunque al berlusconismo stesso, di affermarsi nel corso degli ultimi vent’anni in modo sostanzialmente e magnificamente indisturbato.

 

Ci verrebbe voglia, dopo aver letto venerdì scorso sulla prima pagina di Repubblica un dotto e intensissimo editoriale di Guido Crainz sul “berlusconismo spiegato al premier”, di dedicare una tonnellata di cartelle al tema “l’anti berlusconismo” spiegato a Largo Fochetti. Ma su questo punto possiamo prendere in prestito le parole che nel 2012, proprio su Repubblica, un tale Matteo Renzi spese sul tema “l’anti berlusconismo spiegato a Repubblica”. Apriamo le virgolette: “L’anti berlusconismo non può essere il collante di una coalizione… Se ci mettiamo insieme tutti, contro Berlusconi, forse vinciamo le elezioni (forse) ma dopo non governiamo… non accetterò mai di diventare uno dei tanti che trova in Berlusconi il proprio alibi per non fare politica accontentandosi di un buon capro espiatorio… mentre il berlusconismo falliva alla prova del governo, l’anti berlusconismo falliva nel modello di opposizione. Non è un caso se quando Berlusconi è andato a casa, non ci sono state elezioni – come altrove in Europa – ma si è dovuto ricorrere alla supplenza tecnica del Governo Monti… Davvero è solo Berlusconi il responsabile dello sfascio morale degli italiani? Della tv diseducativa? Delle difficoltà economiche degli italiani? Della crisi e del debito pubblico? Della mancata attenzione alla cultura e alla pubblica istruzione? Delle spaventose statistiche sulla disoccupazione giovanile? Del ritardo infrastrutturale?”.

 

[**Video_box_2**]Sul tema berlusconismo, invece, Renzi, a differenza di altri, ha capito che l’eredità politica di Berlusconi non coincide, come certi campioni provano a sostenere, con il bunga bunga e le cenette eleganti.  Coincide piuttosto con altri temi che costituiscono e costituiranno la vera eredità di un fenomeno epocale che può piacere o no ma che politicamente ha cambiato l’Italia: l’affermazione e la libertà dell’individuo all’interno della società; la priorità alla guerra contro l’oppressione fiscale; il tentativo di far scorrere nelle vene della politica lo spirito della vocazione maggioritaria; il necessario e urgente snellimento dello stato. La trasformazione americana dei partiti; l’idea che l’Italia sia tenuta in ostaggio da una coalizione di parrucconi a cui a vario titolo possono essere iscritti i burocrati, i sindacalisti, i magistrati. Di questi progetti e di questi temi, come si sa, Berlusconi è riuscito a realizzarne solo una piccola parte ma molte di queste idee, solo per essere entrate in circolo, hanno contribuito a cambiare profondamente la pelle dell’Italia e ovviamente anche quella degli elettori.

 

A differenza dei suoi predecessori, e del circoletto del Palasharp, Renzi ha capito che l’Italia del berlusconismo è un’Italia diversa da quella del novecento. Un’Italia che si può migliorare, certo, ma che non si può cancellare, e con cui dunque bisogna fare i conti a tutti i costi: anche arrivando al punto, come sta facendo Renzi, di prendere in prestito dal berlusconismo alcuni temi con i quali il Cav. ha provato a cambiare l’Italia. E partendo da qui, anche i caciottari della politica non avranno grande difficoltà a capire in che senso gli anti berlusconiani, che intendono il berlusconismo come un fenomeno non da capire ma solo da estirpare, sono dei cretinetti che, non avendo capito come stava cambiando l’Italia, per molti versi hanno contribuito per diversi anni a bloccare davvero il nostro paese.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.