Alfio Marchini (foto LaPresse)

Chiacchierata con Alfio M.

Rottamare Renzi via Marino. Marchini già fa il leader dei conservatori

Salvatore Merlo
Roma. Si candida sindaco di Roma, ma ogni tanto parla come un candidato alla presidenza del Consiglio, come il capo dell’opposizione (“è il tempo di essere orgogliosamente conservatori”).

Roma. Si candida sindaco di Roma, ma ogni tanto parla come un candidato alla presidenza del Consiglio, come il capo dell’opposizione (“è il tempo di essere orgogliosamente conservatori”). E dunque con voce rapidissima, che incespica nelle parole  (“un po’ come quegli attori balbuzienti che in scena si trasformano”), Alfio Marchini sfodera un’idea creativa su tutto, sul welfare e sulle pensioni, sulla sburocratizzazione e l’università, persino sull’immigrazione. “Il 14 settembre, al vertice convocato dall’Unione europea, Renzi vada a chiedere che venga istituita una autorità per l’immigrazione con sede a Roma, che è la capitale del Mediterraneo”, dice. “Una Bce dell’immigrazione che sappia interfacciarsi con i ministeri degli Interno dell’Unione per monitorare i flussi, identificare criteri unitari e per la classificazione e la gestione dei profughi ma che contemporaneamente abbia rapporti con i ministeri dello Sviluppo e dell’Industria, una grande agenzia che faccia anche da ufficio di collocamento. I flussi sono un’opportunità, se gestiti. Sono come un fiume. Se lo sai utilizzare ti dà l’energia, altrimenti esonda e distrugge”. E quasi Marchini elabora un manifesto dell’anti renzismo, la rottamazione della rottamazione, che suona all’incirca così: “E’ tempo di essere orgogliosamente conservatori. Delle nostre radici cristiane e giudaiche. Delle nostre tradizioni popolari. Della nostra lingua. Del nostro benessere, della nostra longevità e speranza di vita per le quali siamo al secondo posto nella graduatoria mondiale. E per farlo c’è solo la via dell’innovazione perché i muri a difesa prima o poi crollano. Innovare non significa rottamare per sostituire i protagonisti”. Sembra un volantino elettorale. Sicuro di essere soltanto un candidato sindaco? “Più che sicuro”. Chissà.

 

E allora Marchini dice che “Roma è la chiave di tutto, perché è la Capitale di questo paese e se riparte Roma può ripartire l’Italia. Renzi dovrebbe amare di più Roma, almeno quanto ama Firenze, e dovrebbe anteporre gli interessi di Roma a quelli del Pd”. Cioè spingere per le elezioni comunali, disfarsi di Ignazio Marino. “Lui ha tutti gli strumenti per agire”. E invece? “Manca una visione che tenga insieme le quattro identità di Roma: Capitale d’Italia, dell’Europa, del Mediterraneo e della cristianità. L’Italia è il paese delle città, e senza un grande piano di rilancio delle città non ci sarà mai una robusta ripresa economica. E su questo Renzi è in ritardo. E’ stato dimostrato che anche in questi sette anni di crisi solo le grandi città hanno aumentato il pil: da Londra a Parigi, lì dove c’è stata un’idea. Nel periodo della crisi, Londra ha avuto un boom immobiliare perché a un certo punto, anni fa, la politica inglese ha deciso di puntare sull’educazione, hanno scientificamente lavorato perché chiunque nel mondo avesse un po’ di soldi per far studiare i figli decidesse di mandarli nelle università inglesi. Con un effetto molto interessante sull’economia. Lì c’era un’idea. Quando Mitterrand disse che la grandeur francese era finita, trovò il modo di trasformare Parigi in una metafora di quella stessa grandeur che volgeva al crepuscolo: fecero miliardi di cose, ristrutturarono il Louvre…”.

 

Qualcuno propone una legge speciale per Roma. “Le leggi funzionano soltanto un minuto dopo che tu hai sviluppato un’idea. Qui di idee e di visione neanche l’ombra. Prenda il turismo a Roma, quello più ricco non viene da anni preferendo Basilea per l’antiquariato o Boston per i libri. A Londra i turisti spendono, escluso il dormire, una cifra intorno ai 18-20 dollari al giorno. A Barcellona ne spendono 11. A Roma soltanto 5”. Forse vuol dire che offriamo servizi meno cari. “Vuol dire che chi può spendere non viene”. Turismo in ciabatte, quello che alimenta i suk dei minimarket gestiti dai pachistani o il degrado dei camioncini ambulanti che sostano di fronte al Colosseo.

 

E allora Marchini sembra riconoscere attorno a Renzi soltanto un’assordante, ubiqua frenesia di riforme che si risolve in un fluire vischioso, un sostare, un agitarsi nel torpore, una malinconica povertà d’invenzioni. “La crisi crea un effetto di panico, perché si ha paura di perdere benessere e sicurezza. Ma la gente va rassicurata parlando del presente e non di un futuro immaginifico. Quello che possiede questo paese è moltissimo in termini di conquiste economiche, culturali e sociali. Ripartiamo da qua, dal paese che ancora oggi rappresenta un sogno per i migranti”. Secondo lei i profughi devono lavorare? “Se ci fosse un’agenzia europea dell’immigrazione, potremmo sapere, per esempio, se in Germania, dico per dire, servono cento saldatori, o se a Pavia c’è mancanza di manodopera”.

 

[**Video_box_2**]E insomma Renzi non le piace, e nemmeno la rottamazione con tutto ciò che ne consegue. “Preferisco obbligare anche ferocemente ad evolversi che distruggere”. Esempio? “I corpi intermedi servono. Soprattutto nei momenti di crisi. Il sindacato non va raso al suolo, va aiutato a trasformarsi pena l’estinzione e la nascita di tanti sindacati aziendali. E poi c’è il welfare”. E’ stata alzata l’età pensionabile. “Aumentare l’età pensionabile ti fa solo guadagnare un po’ di tempo, non risolve lo squilibrio di un sistema che non si regge più strutturalmente in piedi. L’articolo 118 della Costituzione parla di sussidiarietà orizzontale, l’idea c’è, va messa in pratica”. Ma che vuol dire? “Sto parlando di un nuovo modello di organizzazione sociale. Renzi prometteva mille asili nido in mille giorni. Non ne ha fatto neanche uno. Ed è ovvio che non ci riuscisse: mancano le risorse. Ecco allora l’innovazione: offriamo ai cittadini che in un quartiere volessero riunirsi in cooperativa, per aprire un asilo, un immobile garantendo l’esenzione di Tasi, Imu, Tari e l’allaccio ai servizi e la formazione del personale. Mentre al resto pensano loro”. Va bene. Ma chiunque si candidi a qualcosa, individualmente è senza dubbio convinto della propria missione, pieno d’entusiasmo, di zelo, di fede, e crede che prima di lui nessuno abbia mai veramente capito, immaginato. Poi però bisogna fare i conti con la realtà dell’amministrazione quotidiana, che non è fantasia. “Ma guardi che di idee non ce ne sono in circolazione. Innovare è immaginare, significa anche internet, wi-fi, informatizzazione dei servizi”. E qui Marchini quasi parla l’inglese di Renzi: “C’è bisogno di smart city”, dice. “Aumentare la potenza della banda larga ad esempio è un falso problema, è come costruire autostrade a quattro corsie quando a oggi ne usiamo  a mala pena una.  Il vero handicap dell’Italia è la diffusione della cultura digitale: solo il 16 per cento degli individui ha una formazione adeguata. Guardi, a Roma mancano tre mesi al Giubileo e non ci sono neanche i progetti esecutivi delle opere pubbliche necessarie. Nel 2025 ci sarà un altro Giubileo, come ci vuole arrivare la città? La chiesa sempre più universale lo sa, ma le nostre istituzioni laiche? Buio pesto”. Renzi non c’entra però, in questo caso. “Marino è il primo fallimento della sua rottamazione”.

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.