L'antipolitica è morta, il Cav. non sta bene: nessuna alternativa a Renzi
Grillo e Salvini sono solo una valvola di sfogo temporanea del malcontento, ma governare è altra cosa: bocciati. Promossa Angela Merkel che vuole prendersi in casa 800mila siriani. E Marino? Voto: “Era mejo”se se ne stava ai Caraibi. Il pagellone fogliante alla settimana politica di Lanfranco Pace.
C’è chi disegna scenari foschi attorno a Matteo Renzi: non riuscirà a far approvare dal Senato la riforma costituzionale, il Pd è a rischio scissione, la vecchia ditta lo scalzerà dalla segreteria, si affilano i coltelli in previsione del congresso e cominciano a circolare nomi di candidati alternativi alla segreteria. Poi la chiosa velenosa, la legge elettorale voluta da Renzi va benissimo con il Pd al 40 per cento ma ora che i consensi calano potrebbe essere letale, il ballottaggio sarà con Beppe Grillo e quelli della Lega voteranno per il barbuto, non per il Pd. Insomma in molti contano mesi, giorni, ore aspettando la fine del villan fottuto.
De profundis che sembrano estremamente prematuri: il premier mi dà l’impressione di essere il major Tom di David Bowie che non risponde più alla torre di controllo e gira solo e indisturbato nello spazio. Facessi politica ragionerei a scadenza 2022-2023, quando lascerà sua sponte a missione compiuta. Forse.
L’antipolitica è morta, finita, kaput. In Italia e non solo. Pure il populismo, ammesso che sia mai esistito qualcosa di serio chiamato con questo nome. Anche Berlusconi non sta tanto bene: la rottura del Nazareno ha cancellato l’immagine del grande vecchio pop che coglie le opportunità al volo e si muove con la necessaria abilità, riportando alla luce le rughe del tempo e rinserrando quel che resta del centrodestra moderato nel risentimento acrimonioso, e tutto per la scelta di Mattarella al Quirinale, roba da non crederci.
Insomma Renzi non ha alternative, né fuori né dentro il suo partito: perché dovrebbe cadere? Datevi tre mesi di tempo che arrivi l’inverno, stagione poco propizia alle migrazioni, e la Germania di Angela Merkel, vera regina del continente perduto, imponga un piano europeo in materia, e vedrete come gli alti lai sull’esodo biblico, la solfa che non possiamo ospitare a casa nostra l’Africa e il Medio Oriente, finiranno in acqua di budino. A Salvini resteranno i tradizionali tombini di ghisa.
Ma si può ancora credere che al momento della scelta che conta per sé e per i propri figli gli elettori di un paese per quanto malnato si metterebbero nelle mani dei Cinque Stelle o della Lega, di qualcuno che crede si possano fare infrastrutture a mano e con i contributi di parlamentari o di qualcuno isterico che vuole tenere la porta chiusa in faccia a tutti? Erano e sono tuttora fisiologica valvola di sfogo e di protesta contro le pratiche basse di una politica impotente questo sì ma non certo un terremoto dirompente: governare è altra cosa e quale altro paese europeo di prima fascia, Germania, Francia, Spagna, Gran Bretagna, è stato così sciocco da cedere agli incantamenti populisti, razzisti, antieuropei?
Renzi va veloce perché non ha bagagli ideologici a parte un generico e un po’ piatto umanesimo, non è appesantito da sensi di colpa, da complessi di sorta o da scheletri nell’armadio, è pragmatico e usa in egual misura buon senso e spregiudicatezza, esattamente quello che non sono mai stati capaci di fare i democratici nelle versioni precedenti. Provate a scalzarlo, ne vedremo delle belle: al premier segretario, voto 9. Voto 10, per una volta convinto e ammirato, alla Merkel che vuole prendersi a casa ottocentomila siriani. Gli altri non esistono, sono allievi ripetenti d’evanescente cultura.
CINQUE STELLE NON CI SONO
Di Maio, il più politico - e il più furbo- dei Cinque Stelle ha l’allure e il vestito di un democristiano gavianeo degli anni novanta. Di Battista è un carismatico capo di servizio d’ordine, figura utile nei cortei e nelle proteste di piazza. Roberto Fico, presidente della Commissione di vigilanza della Rai, è già visibilmente sdraiato, piallato e raspato. Decisamente meglio le donne, Carla Cruocco, politica che non aggredisce e ha bel sorriso. E Barbara Lezzi che sa di economia, finanza, è ferrata sui dossier ed è invitata ai work shop dello studio Ambrosetti. Due belle cavalle di ottima razza sono una sorpresa per vecchie pantegane come me, ma rapportate a un 2O per cento di elettori non sono poi molto. Da qui la necessità di rivedere i metodi di selezione e formazione dei dirigenti anche in un movimento che voleva banalmente riprodurre la società civile, cittadini al servizio dei cittadini. Non so cosa inventeranno Grillo e Casaleggio e per altri versi Berlusconi che con Forza Italia ha problemi simili. L’unico modo virtuoso sarebbe ispirarsi alle democrazie anglosassoni, cominciare a farsi le ossa dal basso e in periferia, nelle cariche locali, per poi prendere il largo, la selezione la fanno gli elettori. Ma è proprio questo che Grillo e Berlusconi non vogliono: hanno rapporti pessimi con i loro sindaci che non siano signorsì o tromboni. Lo storico modello Frattocchie, scuola quadri al servizio del partito comunista e delle sue tante false verità ancora oggi sarebbe più efficace dei beauty video contest con cui Grillo e Berlusconi hanno finora selezionati algidoni e algidone che bucano il video con un sorriso a trentadue denti ma non sanno che dire né come dirlo. Al duo Ruocco e Lezzi voto 8: gli altri cinque stelle li si riconosce al primo sguardo, prima che arrivi il sottopancia, hanno faccia compresa e sincera, in dieci parole riescono a infilare un “quello che dicono i cittadini” e un reddito di cittadinanza: ecco questi mi danno il nervoso. Quanto alle cavie del CAV. un 3, pare che già ci sia una fashion woman di colore, solo dio può dare loro la forza.
ANTONELLO DA ROMA
L’altra sera seguo distrattamente, portando piatti avanti e indietro tra salotto e cucina, un talk, non uno di quelli sognati da Campo Dall’Orto ma uno di quelli più tradizionali che fanno crescere i profitti e tengono bassi i costi e sono quindi esercito salariale di riserva della televisione. La domanda volteggia nell’aria: le vicende di Roma e il suo sindaco non hanno minato la credibilità del premier e del governo?
Risponde Antonello Venditti, il suo ginocchio nudo e peloso entra a casa mia all’ora di cena, che benvenuto sia, amo troppo le sue canzoni: “Mah quello, Renzi, core e vole fa’, ma non tutti so’ come lui, io credo nella poesia che parla alle anime, i comunisti a Roma erano brave persone che ci hanno creduto, bisognerà pure daje qualcosa, per fa il sindaco la devi ama’ la città, Petroselli che è stato grande stava sempre a lavora’ pe’ Roma”. Strabiliante.
Il secondo a rispondere è Stefano Feltri, vicedirettore del Fatto, giornalista preparato e fra i meno embedded al M5S, sicuramente meno dei due giovanissimi conduttori del talk: certo sì, dice, Renzi ha dimostrato di non avere abbastanza forza per cacciare Marino. Ma come caro Feltri, il Fatto grida al regime, al pericolo dell’uomo solo al comando e poi volete pure che il premier cacci un sindaco regolarmente eletto dal popolo, cosa mai vista in occidente? Magari avreste preferito che il governo sciogliesse il consiglio comunale di Roma per mafia: questo sì un segno di obnubilamento dell’intelletto, ci sono cose che non si fanno nella capitale della cristianità a pochi mesi dal giubileo. Voto 3 al Giornalista collettivo, 2 agli indignati del trigesimo.
E’ TORNATO IL VICE
Ignazio Marino è tornato più bello e iattante che pria: dopo aver cacciato fascisti e nazisti, ha detto, Roma caccerà anche la mafia dalla città. Due errori, uno storico e l’altro giuridico, in una sola dichiarazione. Voto: “Era mejo”se se ne stava ai Caraibi.