Perché la rottamazione entra nella fase della “pax renziana”
Naturalmente molto dipenderà da come finirà stasera e da come terminerà l’incontro tra il segretario del Partito democratico e il gruppo parlamentare del Pd. Ma al di là della tensione che ci sarà tra la maggioranza e la minoranza del Pd sul tema riforme costituzionali, si può dire che il weekend trascorso ha certificato la nascita di una nuova e inedita fase della rottamazione: la pax renziana. A parte Matteo Salvini, per Renzi non esiste infatti più un nemico con un nome e un cognome ma esiste un’idea astratta e spesso caricaturale di una precisa tipologia di avversario che il presidente del Consiglio descrive senza nominare.
L’avversario, grosso modo, corrisponde alla figura astratta di un vecchio e un po’ rincoglionito professorone con la barba lunga appassionato di gufi, di correnti e di convegni che come una bestia trascorre il suo tempo a prendere a calci i migranti, a dire no a qualsiasi cosa e a insultare il governo nei talk show triangolando amabilmente con molti professionisti della tartina. Il nemico renziano, muto e senza volto, oggi è più o meno questo. E la differenza plastica rispetto a qualche tempo fa è che il presidente del Consiglio, oltre a chiedere agli elettori di disegnare come meglio credono il volto del proprio avversario, sta provando in tutti i modi, con le parole, con i gesti, con i simboli, a muoversi nella direzione opposta a quella tradizionale del “demolition man” (copyright Wall Street Journal). E così i sindacati li si invita attorno a un tavolo per parlare di come contrastare il caporalato. E così gli imprenditori di Cernobbio un tempo definiti chiacchieroni e professionisti della tartina ora li si intrattiene amabilmente per un pomeriggio di fronte al lago di Como. E così i ciellini un tempo considerati autoreferenziali li si coccola per un’ora al Meeting. E così il preside manager della buona scuola a poco a poco viene ridimensionato nel suo ruolo per non far esplodere di rabbia i sindacati. E così le intercettazioni verranno modificate ma senza voler andare contro il diritto di cronaca dei giornalisti. E così i magistrati vengono sfidati ma senza esagerare e per questo è lecito spostare di un anno la possibilità per i pm ordinari di restare in servizio oltre il settantesimo anno di età. E così Imu e Tasi verranno abolite ma senza togliere nulla agli stessi sindaci ai quali Renzi aveva chiesto in passato di essere più efficienti. E così anche le gerarchie ecclesiastiche mai amate da Renzi vengano coccolate e consolate prima con una chicca linguistica (Renzi parla di diritti civili, non di unioni civili) e con una difesa implicita delle posizioni sull’immigrazione dell’anti salviniano monsignor Galantino (“bestie” uguale “piazzista da quattro soldi”).
[**Video_box_2**]Renzi, subito dopo le regionali, ha evidentemente capito che le rupture che contano sono legate più alle questioni di carattere culturale che ai singoli volti che rappresentano le “conservazioni”. E da questo punto di vista, la pax renziana, in base alla quale il premier non parla mai male di Forza Italia e se parla male del 5 stelle lo fa attaccando Grillo più che il movimento, evoca una nuova consapevolezza. I nemici servono e creano consenso, ma per governare è meglio rimanere sul vago e non avere troppi fronti aperti. Meglio dividere il paese tra chi dice sì e chi dice no e far capire alla minoranza Pd che non si può stare dalla parte di chi dice no. Meglio insomma dare agli elettori la possibilità di disegnare su misura l’avversario-bricolage. Sapendo che il referendum del 2016 potrebbe essere l’antipasto per un voto, in prospettiva, ancora più importante.