Il nuovo bipolarismo renziano
Roma. Il Senato, le tasse, la minoranza, l’Imu, la flessibilità, l’Europa, la Merkel, il berlusconismo, l’anti berlusconismo, la scissione, il centro, la destra e via, vrruum, tutto in un grande frullatore. Alt! Fermiamoci un attimo, dimentichiamo le soporifere polemiche legate all’approvazione della riforma costituzionale, mettiamo da parte le tensioni tra la maggioranza e la minoranza del Pd e, a circa 600 giorni dal giuramento di questo governo, e a 400 giorni dalla fine della legislatura, proviamo ad allargare la ripresa della nostra telecamera per inquadrare quello che oggi potremmo definire più o meno così: il renzismo. Già. Che cos’è il renzismo? Da cosa è composto? Quali sono gli ingredienti? Quali sono, nel bene e nel male, le caratteristiche che rendono la sinistra italiana, se di sinistra si può parlare, un caso più o meno unico nell’Europa dominata dai partiti conservatori? Dove le sinistre che si affermano (Corbyn) sono solide come la marmellata. Dove le sinistre che emergono (Podemos) sono fragili come un biscotto. Dove le sinistre che avanzano (Tsipras) sono costrette a far proprie molte delle battaglie sostenute un tempo dai propri rivali. A guardare il contesto europeo si potrebbe pensare che, in un’epoca storica dominata dalle destre, le uniche sinistre che vincono sono quelle che si pongono sulla scena con l’abito sbarazzino di una destra semplicemente più votabile della destra tradizionale (Renzi). E’ davvero così? E che strumenti abbiamo per capire se, in Italia, è Renzi che esiste perché non esiste più la destra o se invece è la destra a non esistere più proprio perché in Italia c’è Renzi? I temi esistono tutti ma per capire qualcosa di più sul posizionamento del renzismo in questa fase storica può essere utile prendere carta e penna e tracciare un piccolo schema per orientarsi anche in futuro.
Potremmo metterla così. Il renzismo, oggi, è un insieme formato da due cerchi parzialmente sovrapposti. Lo spirito puro del renzismo coincide con lo spicchio centrale in cui i due cerchi combaciano. In mancanza di avversari, il renzismo, come una spugna, riesce ad assorbire sia il colore del cerchio di destra sia il colore del cerchio di sinistra. Al momento lo scenario è proprio questo: non ci sono avversari, a meno che qualcuno non consideri avversari Salvini o Di Maio, e Renzi è nelle condizioni di poter allargare il suo consenso da una parte e dall’altra del cerchio. Questo oggi, ma domani? Nessuno sa naturalmente cosa succederà nel futuro ma una delle ragioni per cui gli avversari di Renzi, di sinistra e di destra, faranno di tutto per non mettere Renzi nelle condizioni di giocare con l’opzione (remota) del voto anticipato è perché, da una parte e dall’altra, esistono alcune idee sul futuro legate proprio a questo schema. Nel cerchio di destra (tesi di Berlusconi) il ragionamento è questo: Renzi esiste perché noi non esistiamo; ma nel momento in cui il centrodestra tornerà compatto sarà possibile togliere terreno sotto i piedi di Renzi. Nel cerchio di sinistra il tema è più complesso ma è forse persino più importante. Sintesi del ragionamento degli avversari di Renzi: più si andrà avanti con il tempo e più sarà evidente che il renzismo non può assorbire tutto il mondo del centrosinistra; più Renzi si sposterà verso destra e più si ritroverà con una parte della sinistra che si sposterà sempre più a sinistra; e più questo processo si andrà a consolidare più Renzi rischia di perdersi la parte sinistra del partito e di rimanere senza elettori di centrodestra da poter conquistare.
[**Video_box_2**]Se a tutto questo, poi, aggiungiamo che il grande granaio di voti del Partito democratico (il sud Italia) è in mano ad alcuni governatori non allineati a Renzi (Emiliano, De Luca, Crocetta, Oliverio) è evidente che il presidente del Consiglio dovrà stare attento a far sì che quella spugna che oggi è il Pd non coincida, nel tempo, solo con il piccolo spicchio di renzismo puro formato dai due cerchi sovrapposti. E’ la vera sfida dei prossimi mesi, per Renzi. E’ una sfida in cui i simboli a volte contano più delle riforme e in cui gli annunci contano più dei provvedimenti. Ma è proprio partendo da questo schema che il presidente del Consiglio sta allestendo la sua macchina elettorale, provando a mettere in campo una nuova forma di bipolarismo: con il paese che dice sì (indovinate guidato da chi) e il paese che dice no (vedi ieri il duro schiaffone rivolto da Renzi ai sindacati che hanno bloccato materialmente il Colosseo e metaforicamente l’Italia). Un nuovo bipolarismo, questo, che Renzi proverà a mettere in campo il prossimo anno. Sia alle amministrative. Sia, passaggio chiave, in quello che sarà il vero termometro per misurare la capacità della spugna renziana: il referendum sulla riforma costituzionale. Lo schema è questo, e per capire la direzione futura del renzismo non si può che partire da qui.