La brigata kalimera e l'impossibilità di rinascere dalle ceneri per interposto Tsipras
Roma. “Alexis Tsipras renderà la vita più facile al business”, aveva detto in tempi non sospetti l’altrettanto insospettabile Financial Times, alludendo a uno Tsipras non così trinariciuto come poteva sembrare, e soprattutto intenzionato a lottare contro le “sclerotizzate burocrazie europee”. Era inverno, Tsipras non aveva ancora vinto le elezioni greche del 25 gennaio, e quella pareva, alla sinistra-sinistra italiana innamorata pazza del compagno greco (da Nichi Vendola al gruppo MicroMega al Prci a Pippo Civati), una frase un po’ paradossale. Ma oggi, con il senno del poi, quello del Financial Times potrebbe apparire quasi quasi un vaticinio: Alexis Tsipras rivince in Grecia, sì, ma dopo una rottura interna a Syriza e su tutt’altre basi, cioè dopo essere stato assalito dalla realtà (fallimento del braccio di ferro, rottura interna con i duri– ex ministro dell’Economia Yanis Varoufakis in testa – e condizioni della Ue più stringenti di quelle rifiutate dai greci con referendum). E pur essendo escluso che Tsipras si sia buttato sulla terza via (è vero che diceva “sono come Matteo Renzi, voglio cambiare verso all’Europa”, ma era appunto lo Tsipras dei fasti invernali, e non alludeva certo ai contenuti economici della politica renziana), è chiaro che il sogno che si riaccende oggi presso l’ex brigata kalimera dei compagni italiani non può essere un puro sogno di gloria: Tsipras dovrà cominciare a fare in Grecia quello che gli chiede la Ue, almeno per ora (meglio lui che le suddette “sclerotizzate burocrazie europee”, pare questo il responso degli elettori, molto lontani, nelle interviste dalla piazza, dall’entusiasmo delle origini).
Tsipras resterà comunque Tsipras – uno di sinistra-sinistra, appunto; uno che ora ha soprattutto cambiato strategia più che natura – ma quello stesso Tsipras si mostra oggi intenzionato a bere almeno in parte il calice real-politico. Ma intanto in Italia, nella sinistra-sinistra, c’è chi ci credeva talmente tanto, nella rivoluzione ad Atene (poi chissà), da non riuscire a ridimensionare l’immagine mitica del roccioso compagno greco: “La vittoria di Tsipras riapre nella Ue la partita sull’austerity”, twitta Nichi Vendola, dopo aver espresso il concetto di buon mattino, e in modo inequivocabile, a Rai Radio 1: “Tsipras solo contro tutti, Merkel e socialdemocrazie inginocchiate. Ha sdoganato il tema della rinegoziazione del debito”. E par di vederlo, Nichi, l’uomo che sul nome di Tsipras aveva talmente investito da farne il perno del suo “Human Factor” (cantiere-appuntamento di Sel a inizio 2015), mentre si congratula mentalmente con l’artefice di quello che ai suoi occhi deve apparire un miracolo (rielezione), anche se in mezzo c’è stato il diluvio: condizioni europee che parevano non proprio così aggirabili senza votarsi allo sfacelo, suddette liti Tsipras-Varoufakis che si moltiplicavano, e quell’inverno da leoni che trascolorava, ad Atene, nell’estate dei bancomat vuoti e della crisi nera. Ma Nichi resiste quantomeno nel cuore, più tsiprasiano dell’Alexis che, al culmine del successo, consigliava sì all’Europa di “non peccare di ubris” (“la ubris è seguita dalla nemesi e dalla catarsi”), e tuonava sì contro “l’Europa sonnambula che si dirige verso il dirupo”, prefigurando un futuro nero per i non-ribelli (“la Troika distruggerebbe tutto, perché si tratta di funzionariucci di medio livello, con una cultura economica mediocre che, nell’ambito di un’impresa privata, potrebbero solo avere l’autorizzazione necessaria per accendere e spegnere il computer”).
[**Video_box_2**]Però intanto quello Tsipras faceva prove generali di possibile ripiegamento su una qualche forma di ragionevolezza: “La mia Grecia non danneggerà la Ue”, e anzi “rispetterà gli impegni” . Ma vallo a dire a Nichi, oggi che il desiderio di risorgere dalle ceneri per interposta persona (attraverso Alexis), pare più forte della realtà.