Maurizio Landini (foto LaPresse)

Si sta come d'autunno senza autunno caldo (depressione a sinistra)

Marianna Rizzini
Landini sottotono, Civati deluso, “tà-tà” divisi e abbacchiati. Il leader della Fiom e di Coalizione sociale Maurizio Landini ancora benedice in teoria gli scioperi nelle fabbriche del nord, ma senza grancassa. Anzi: si fa notare di più se non va al direttivo Cgil in quel di Milano.

Roma. Il leader della Fiom e di Coalizione sociale Maurizio Landini ancora benedice in teoria gli scioperi nelle fabbriche del nord, ma senza grancassa. Anzi: si fa notare di più se non va al direttivo Cgil in quel di Milano, previsto il 5 ottobre tra i padiglioni dell’Expo, “luogo parecchio discutibile sia per i tanti scandali… sia per le condizioni di lavoro al suo interno”, ha detto annunciando la diserzione.

 

Intanto, come sfida un po’ vintage ai tempi in cui tutti parlano di necessità di lavorare ben oltre i sessant’anni, Landini parla di “riduzione” dell’età pensionabile e di “non-penalizzazione” sugli assegni previdenziali, ma senza il lessico volitivo sempre usato nel tradizionale ottobre rosso che ogni anno, con puntualità, arrivava su piazze e teleschermi: perché non c’era fine-estate che non portasse con sé, assieme alla pioggia, il suo carico di manifestazioni, torpedoni, cortei, proclami, dichiarazioni di guerra, occupazioni, blocchi stradali, slogan e altre meraviglie da cosiddetto “autunno caldo”. Ma quest’anno una certa malinconia pervade gli animi, e sul Fatto Antonio Padellaro parla con rammarico di “ultima chiamata per l’opposizione”. E sono momenti di ripensamento e struggimento, questi, all’interno della grande (immaginaria?) famiglia spesso soprannominata “Cosa Rossa”, il luogo-non luogo in cui si muovono, oltre alla Coalizione sociale di Landini – rassemblement nato nel giugno scorso con l’idea di “ripristinare la cultura dei diritti” ma fuori dal partiti – anche la creatura “Possibile” di Pippo Civati, reduce dalla fatica non premiata del mancato raggiungimento del quorum nella raccolta firme referendarie, e i vari ex-post-neo comunisti (Rifondazione di Paolo Ferrero, soprattutto) con le enclave professorali che si ergono, da innumerevoli anni, a difesa della Costituzione (area MicroMega e Rodotà-tà-tà).

 

“Suscita rabbia la notizia che i referendum promossi da Pippo Civati non si faranno”, scrive Padellaro, convinto che questa sia “un’occasione persa” e un pericoloso precedente: la “disponibilità di chi ha firmato può trasformarsi in delusione verso “l’armata Brancaleone divisa e inconcludente” dell’opposizione a Matteo Renzi, scrive, riscontrando poco impegno ai banchetti-firme presso Fiom, Coalizione sociale, Sel, Rifondazione e Verdi, cioè i compagni di strada di ogni autunno passato e trapassato. Vedersi in piazza a ottobre, infatti, una volta contro questo, una volta contro quello (da Silvio B. a Matteo R. c’era la distanza di uno striscione) era come ritrovare la stessa spiaggia e lo stesso mare e gli stessi amici del muretto nelle lunghe villeggiature a casa dei nonni. Ma quest’anno ognuno pare andare per la propria strada (Padellaro avverte: siamo a un bivio, si eviti l’“Aventino degli impotenti”).

 

[**Video_box_2**]Sì, ci sono gli studenti e gli autisti di bus, in piazza, e, a intermittenza, gli sconsolati metalmeccanici di Landini senza sogno di resurrezione con Landini. Ma sembra passato un secolo da quando, soltanto un anno fa, ci si preparava a celebrare l’anniversario della presa del Palazzo d’Inverno (25 ottobre 1917) sotto il vessillo antirenziano congiunto di Fiom, Cgil e compagni vari, però con formula innovativa: c’era il video sul web “Roma calling”, per richiamare i ribelli in corteo da mari, monti, isole e isolette, e c’era un certo reducismo da Sinistra arcobaleno, ancora molto speranzoso. E la speranza era proprio lui, Landini, l’ex operaio saldatore poi sindacalista verace, anche aspirante rottamatore interno di leadership Cgil (Susanna Camusso) e animale televisivo dei più invitati nei talk-show. Come un Luca Cordero di Montezemolo, Landini un anno fa si concedeva sì e no alla fantasia del telespettatore (scenderà o no in campo?), ma presso la platea dei compagni d’autunno tutto pareva possibile anche prima che “Possibile” diventasse il nome del contenitore di battaglie (al momento non vittoriose) del fuoriuscito pd Civati, lodato da Padellaro “per averci almeno provato” e per non aver agito “con la logica del leaderino del quartierino”. Si sta come d’autunno senza autunno caldo, e senza neppure più potersi riconoscere in quel “noi non siamo a sinistra di nessuno” del Landini d’antan.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.