Ezio Mauro spiegato da Ezio Mauro
Ezio Mauro, direttore di Repubblica, ha dedicato ieri il suo articolo di fondo all’evoluzione del Partito democratico, alla sua identità, alla sua continua trasformazione, al nuovo volto emerso in questi mesi anche in virtù delle alleanze maturate lungo il percorso delle riforme istituzionali. Mauro riconosce onestamente che il Partito democratico aveva il dovere e non solo il diritto di allargare la sua maggioranza ma sostiene, come fa da giorni la minoranza del Pd, che i voti messi a disposizione di Renzi da parte di Verdini pongono un problema che somiglia a una contraddizione. La tesi di Mauro è questa: il Pd vero è uno e solo uno ed è quello che è riuscito a mettere insieme le sue anime nel momento in cui è stato eletto Sergio Mattarella come presidente della Repubblica. Corollario del ragionamento: un Pd che si sposta verso il centro sacrificando le idee più di sinistra è un Pd perdente. Si potrebbe replicare a Mauro che, in realtà, i problemi per il Pd sono nati un minuto dopo l’approvazione del metodo Mattarella e in seguito alla rottamazione del patto del Nazareno. E si potrebbe anche dire che non è un caso che il suo massimo storico il Pd lo ha raggiunto pochi mesi dopo l’abbraccio tra Renzi e Berlusconi (Europee 2014).
La tesi di Mauro però, che suona simile a quella della minoranza del Pd, “no a svolte neocentriste”, è una tesi che vale la pena approfondire per una ragione semplice, che si lega a un’affermazione fatta dallo stesso Mauro qualche mese fa al Festival della televisione di Dogliani: “Io – ha detto con onestà il direttore di Repubblica – ho un’idea di sinistra molto diversa da quella di Renzi, ma sospetto che con la mia idea la sinistra non vincerebbe mai mentre con quella di Renzi sì”. Quello che Mauro forse sa, ma che per ovvie ragioni non può dire fino in fondo, è che una sinistra vincente, disposta a perdere alcune radici pur di non perdere consenso, deve fare il contrario di quello che le ha suggerito Repubblica negli ultimi anni. E se il Pd di Renzi non ha seguito finora il rovinoso trend dei partiti socialisti europei, è proprio perché, con un sorriso, il segretario del Pd ha fatto il contrario di quello che avrebbe sognato Repubblica. Sulla giustizia. Sul lavoro. Sui sindacati. Sulla Costituzione. E ora forse anche sulla contrattazione aziendale. A voler riavvolgere il nastro, dunque, il Pd funziona e ha un futuro se si muove scontentando quella parte del partito che definisce “neocentrista” la traiettoria di Renzi, e che altro non vorrebbe se non che il presidente del Consiglio seguisse i consigli di Eugenio Scalfari più che lo spirito del patto del Nazareno.