Ignazio Marino (foto LaPresse)

Chi si è bevuto Marino

Giuliano Ferrara
Alla vergogna personale di elettore va aggiunto il lutto democratico del cittadino – di Giuliano Ferrara

Tutti coloro che hanno votato per Ignazio Marino sindaco di Roma dovrebbero guardarsi nello specchio, arrossire pieni di vergogna, e far seguire una giornata di lutto democratico. Altro che dargli addosso ora che è spacciato. Magari dall’alto di testate e tribune giornalistiche che lo hanno sostenuto in modo grandiloquente come una speranza “cilena”, come l’eroe di un fronte popolare antifascista che liberava Roma da Alemanno o Lupomanno, una specie di Salvador Allende. Si devono vergognare, gli elettori di Marino, lo devono fare uno per uno con giusta contrizione; e furono parecchi, quanto bastava a ridurre Roma a un grado di cialtroneria amministrativa e simbolica che non ha precedenti nella sua storia, notoriamente lunga e tortuosa ma piena di corpo, di spessore, di grandezza anche nella miseria. Città di re, imperatori e papi, Roma ha dovuto trangugiare la questione degli scontrini, dei vini vintage, delle crestoline sulla cenetta, per non parlare della farsa tragica di Mafia Capitale e dei funerali del patriarca dei Casamonica.

 

Ora spiegherò perché alla vergogna personale di elettore va aggiunto anche il lutto democratico del cittadino. E’ la questione della dittatura del numero, della civiltà delle maggioranze numeriche, qualcosa insomma che rimanda alla critica di sistema al suffragio universale: le prossime elezioni, visto come sono andate le cose, dovrebbero essere limitate a una élite censitaria, come si faceva nell’Ottocento. Guadagni tot, hai un patrimonio, dunque una capacità civile, e quella capacità è il discrimine o il criterio del tuo essere elettore. Dire che scherzo è dire poco, io piango.

 

Piango per la nota frase che Gore Vidal, come ho già ricordato, considerava la più importante di tutte nella lingua inglese: I told you so. Noi ve lo avevamo detto. Infatti questo giornale, imbeccato da fonte sicura e attentamente verificata, rivelò una storia banale e poco commendevole di doppi referti di spesa tra Palermo, la città in cui la Grande Eccellenza Chirurgica si era venuta a insediare, e Pittsburgh, dove aveva operato, la Suddetta Eccellenza, per alcuni anni. Doppi referti e doppi rimborsi per una spesa unica. Per gli americani era abbastanza, e anche per i palermitani, per i romani era ancora poco. Marino ci perseguì in giudizio per aver raccontato la cosa, e ottenne ragione dal solito togato di turno nonostante l’evidenza in contrario, noi facemmo la figura dei diffamatori, e le nostre denunce (caute, ironiche, perché non siamo una feuille de choux, non siamo un giornale scandalistico, e ci piaceva sgonfiare un’Eccellenza più che attaccare a morsi una persona) furono chirurgicamente isolate e soppresse dal silenzio di quella stampa che adesso vuole la morte civile di Ignazio Marino.

 

[**Video_box_2**]Però, doppio rimborso e doppia certezza linguistica, I told you so, noi ve lo avevamo detto. Ma “chi disse popolo disse mille volte uno pazzo”, come pensava Francesco Guicciardini. Lo votarono, anzi, lo votaste, sciocchini. Le Eccellenze ve le bevete tutte e sempre. Se poi sono accompagnate da una filosofia d’accatto, di sinistra e martiniana (nel senso del compianto cardinale arcivescovo di Milano) è il momento della sbronza. Ubriachi dal nulla, tentati da quel coglionazzo simpatico di Goffredo Bettini, che propose Marino per accorgersi subito dopo che era una sòla, ci siete cascati. E ora dovete vergognarvene, così, semplicemente, e dovete elaborare uno dei tanti lutti che il metodo democratico impone a chi sceglie malamente, fino a sputtanare perfino il Caput Mundi.

 

Dimenticavo di dire che i magnifici e militanti redattori del Foglio rosa, quello del lunedì, fecero un titolo a tutta pagina contro Gianni Alemanno, e io dissi che era una bevue, un errore di stampa, uno strafalcione. Già, perché anch’io faccio parte della legge nel numero e della sua insidiosa cialtronaggine: infatti avevo votato Alemanno, che ha annunciato di essersi dato lo stipendio da solo, ma almeno ho l’attenuante che non fu eletto. Baci.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.