L'oracolo di Marino
Roma. E alla fine si è capito che nei dieci giorni che forse ri-sconvolgeranno Roma (i prossimi, fino alla data in cui le dimissioni del sindaco Ignazio Marino diventeranno esecutive, salvo sorprese o dietrofront), il ruolo di soldato anti appeasement sarà suo: di Alessandra Cattoi, assessore alla Scuola e ventriloqua dei pensieri del “marziano” nonché primo cittadino in dismissione.
Marziano che pareva rabbonito, arrabbiato ma in qualche modo pure rassegnato alla dissolvenza forzosa, imposta dalla crisi degli scontrini e (soprattutto) del Pd locale, che l’aveva prima voluto e poi guardato come si guarda il giocattolo ricevuto per sbaglio in dono a Natale: ma era questo il camion che avevo chiesto? E invece. Invece ecco che Marino, a pochi giorni dalle dimissioni, dice che no, lui forse ci ripensa, forse va in Aula a combattere, forse spiffera tutto, e insomma “che mi sfiducino pure”, è il concetto. E ogni volta che Marino parla, dal Pd sollevano gli occhi come davanti all’ineluttabile: “Eh, se non ascoltasse così tanto Alessandra Cattoi!”. Perché è l’assessore, già giornalista con studi parigini ed esperta in Sanità, già braccio destro di Marino negli anni pre-consiliari, la depositaria della linea del “vendere cara la pelle”, ultimamente espressa di persona anche in tv. E il sindaco, in effetti, che fin dal primo giorno si fidava quasi solo di lei e del capo della segreteria Roberto Tricarico, anche a costo di esasperare certe lungaggini da riunione perenne con il gruppo ristretto, sembra pensare quel che Cattoi dice (o viceversa, ma è poi Cattoi che, Sibilla cumana dell’imprevedibile Marino dimissionario, esterna). E se a un certo punto pareva tutto dolorosamente (per il Pd) risolto, col passare dei giorni, ascoltando Cattoi (“il sindaco sta riflettendo; la crisi è politica”) ci si è dovuti ricredere. Il sindaco non molla, e anzi rispunta come da dietro la tenda a congelare la mossa fatta, e a renderla non più così intelligibile: che fa? Va alla carica?, si domandavano ieri in Campidoglio, a quel punto interrogando l’oracolo Cattoi: se Cattoi dice che la crisi è “politica”, è lecito pensare che Marino pensi “politica”. Ma chi ispira chi, nel piccolo girotondo da dimissioni date ma lasciate a fluttuare con tutta la possibile suspense? L’assessore dimissionario ai Trasporti Stefano Esposito ha dato direttamente a Cattoi la responsabilità di alcune prese di posizione-boomerang del sindaco: “Confido nella saggezza di Ignazio, e non dei suoi collaboratori…”. E il punto in cui ci si trova è, in fondo, quello in cui si trovano e si sono trovati molti uomini di potere (ma anche non di potere): dare retta al confidente che ci conosce troppo bene e ci vuole troppo bene per dire “ma che stai facendo?” oppure dare retta all’estraneo che con modi tranchant, in due secondi, individua il problema e te lo sbatte in faccia?
[**Video_box_2**]Sia come sia, oggi, in Campidoglio (e nei Palazzi), c’è chi scruta Cattoi per capire quanto davvero il dimissionario sia disposto a fare per così dire “la mattata”, il dietrofront, la mossa che sarebbe seguita dall’altra mattata delle dimissioni collettive dei consiglieri pd. E pensare che Cattoi, a inizio mandato, l’aveva presa bene, e raccontava scherzando la due giorni di ritiro a Tivoli della neo squadra capitolina, con brainstorming fatto di giochi di ruolo e tiri con la fionda. Poi, sì, mesi dopo aveva dichiarato a Radio Città Futura che lei “da cittadina” non si sentiva di dire “Roma è una città che funziona bene”. Detto dall’assessore Cattoi pareva straniante, ma vai a capire che era un’anticipazione del futuro copione “Marino contro tutti”.