Ignazio, Che
Il destino clinico e baro di Marino tra dimissioni ritirate e nuova fase daje
Roma. Ci vediamo in Aula. Sì, l’abbiamo capito, ma prima bisogna passare dallo psicologo perché l’interpretazione delle pulsioni, delle idee e dei sogni di Marino va oltre le capacità di analisi politica. Servirebbe uno strizzacervelli, perché non tornano più l’Io e l’Inconscio. Marino, dicevamo, resta. La storia è arcinota, andiamo ai numeri: aveva dodici assessori, sette si sono dimessi. Il suo partito (“il Pd che ho (s)fondato”) non lo riconosce più. E ora? Calma e gesso, si gioca a Risiko.
Marino può chiedere un voto di fiducia in Aula alla sua maggioranza (che non c’è più) e vedere che succede; il Pd a sua volta può mettere sul tavolo una mozione di sfiducia dei suoi 19 consiglieri comunali (ma ne servono 25 per farlo cadere e dunque anche il voto delle opposizioni) e vedere il “buio” di Marino in Aula; terza ipotesi, quella che evita il passaggio in Aula e sembra stia maturando mentre stiamo scrivendo: dimissioni in massa di 25 consiglieri, alcun voto di fiducia (potrebbe già avvenire oggi). L’operazione va in porto se c’è un accordo (sopra e sotto) con l’opposizione. I 19 consiglieri dem sono tutti già pronti a catapultarsi fuori dal Campidoglio, i due della lista Marchini sono pronti a farlo e siamo a ventuno. Ne mancano quattro e arriverebbero da gruppi minori pronti a staccare la spina al Marino in piena fase robot con le pile Duracell. E se la manovra va a carte quarantotto e Marino supera il percorso di guerra? Bocciatura del bilancio a fine anno e commissariamento del comune. In ogni caso, la storia è al the end con i lanci di pugnali. L’epilogo è quello che si sospettava e tutto questo, fin dal principio, aveva un indizio fisiognomico: la barba. Appariva e scompariva periodicamente. Un look volubile per un sindaco (in)solubile. Oggi mi dimetto, domani forse, dopodomani no. Una politica ciclotimica. Fu marziano, indubbiamente, ma da oggi è molto di più, un kamikaze che gioca a (far) perdere il Pd. E dunque ci vediamo in Aula. Gli assessori si dimettono? Ignazio non fa un plissé, ci vuole altro per piegarlo e soprattutto per spiegarlo ai lettori. E’ una questione da luminari, forse da esperti del paranormale e incastrare le tessere del mosaico solo con la politica è operazione di titanico ottimismo.
[**Video_box_2**]Siamo al Che Guevara in Campidoglio che compila un cruciverba impazzito di dichiarazioni e piani del traffico. La storia di Marino, inoltre, è la fine rovinosa del mito della “società civile” toccasana della politica, idea della sinistra di rito fallimentare. Basta, grazie. Marino casca? Il prossimo candidato al capitombolo dal trono è Rosario Crocetta, presidente della regione Sicilia alle prese con la formazione del quarto governo in tre anni. Lui, di assessori, ne ha bruciati 35, al confronto Marino è un principiante. Sono personaggi che non scriveranno la sceneggiatura dell’èra renziana? Vero, ma sono anche un’ombra sinistra di malgoverno e il suo momento di sbandamento Renzi l’ha avuto non a caso quando ha perso voti nelle regioni e nelle città. Renzi deve darci un taglio, subito. “Il nostro lavoro sta cambiando la città”. E’ la voce di Ignazio Marino che esce dalla tv. Parla dalla ex caserma Guido Reni, a Roma. “Io resto”. Sembra “Blob” ma è tutto vero. Ora non resta che chiamare la troika.