Alessandro Sallusti (foto LaPresse)

Perdersi sotto la Madonnina

Il pasticcio delle identità e dei candidati che frena Milano, destra e sinistra

Maurizio Crippa
Momento di stanca politica nel dopo Expo. Il caso primarie del Pd e i dubbi di Sala. Pro e contro di Sallusti sindaco. Gelmini: da Bologna e oltre.

Milano. Domenica sera una Madonnina tutta d’oro ma più “piscinina” di quella del Duomo è stata posta in cima alla Torre Isozaki, nuova altissima sede del gruppo Allianz. Al momento, nel gelo improvviso calato su una Milano resa nervosa dal terrorismo, è l’unico segno della grande ripartenza che tutti si aspettavano con il dopo Expo. Dopo i fuochi d’artificio  dello “Human Technopole. Italy 2040” annunciato da Matteo Renzi, per ora senza ulteriori conseguenze, la politica milanese sembra ripiombata in un malmostoso stato di caos. Sulla partita per il prossimo sindaco, nebbia. “Sallusti? Come giornalista è bravo, come sindaco non lo posso valutare perché finora non ha mai fatto politica”. Se c’è uno che sa farsi capire benissimo anche senza dire niente, è Fedele Confalonieri, il vecchio amico del Cavaliere. E questo ha detto. Tradotto: un candidato identitario ha il suo perché, ma amministrare Milano nei prossimi cinque anni ha tanti altri perché, tutti da verificare. Wait and see. Più confusa, volendo, è la situazione a sinistra, con l’aggravante che i favoriti sono loro, e al momento possono solo rischiare di perdere. L’idea di Debora Serracchiani e Lorenzo Guerini, spostare le primarie al 20 marzo, ha qualche buon motivo ma, sulle prime, ha solo generato nervosismo nei livelli locali del Pd, e prodotto il riapparire, dalle nebbie, di Gad Lerner, pur sempre membro dell’Assemblea nazionale del partito, e di Tonino Di Pietro, che minaccia di candidarsi alle primarie.

 

Lerner dà voce all’arcipelago dentro e fuori il partito che non gradisce il candidato “renziano” Giuseppe Sala e vede nelle primarie presto (febbraio?), e di lunga durata quanto a lotta politica, l’alternativa. Di Pietro fa casino, ma l’idea di escludere qualcuno dalle primarie “ad personam” (Bassolino a Napoli) da lui criticata è in effetti un po’ bislacca. Un altro che sa farsi capire molto bene anche senza parlare è Giuliano Pisapia, sindaco uscente. Per ora ha fatto capire di non voler dare benedizioni a nessun candidato. Insiste solo sulle primarie. Nel Pd, la preoccupazione è che alla fine, con il (silenzioso) beneplacito del sindaco, a sinistra emerga un candidato “di continuità con l’esperienza della giunta Pisapia” (è il mantra) che complichi la strada di Beppe Sala. Il quale è uomo d’azione ma molto zen, è stato a Santiago di Compostela, e l’unica cosa di cui non sente il bisogno è di farsi rosolare per mesi da un’opposizione interna che punta ad altro. Rischio in effetti suicida, per il Pd. Anche perché tutti sanno che il vento arancione di Pisapia non è riproponibile, fu un frutto soprattutto della crisi del berlusconismo. Ora Milano e Renzi, al governo nazionale, hanno bisogno di un altro modello. Rischiare di trovarsi con un candidato come Pierfrancesco Majorino, o addirittura un Pippo Civati, invece che con un “city manager” d’impronta renziano-nazarenica finirebbe solo per rimettere in partita il centrodestra. Che, al momento, ha dalla sua anche l’onda emotiva del tema sicurezza.

 

[**Video_box_2**]E si torna ad Alessandro Sallusti, il “candidato strepitoso” di Silvio Berlusconi. Il direttore del Giornale deciderà – si dice presto – cosa fare. La sua candidatura risolverebbe alcuni problemi, ma ne aprirebbe altri. Sarebbe un buon candidato identitario, di appeal anche per la Lega. A patto di non avere contro un candidato della “Milano istituzionale” come Sala. In ogni caso avrebbe molto da costruire, o ri-costruire. In quale direzione, ce lo spiega Mariastella Gelmini, coordinatore in Lombardia di Forza Italia: il punto da cui partire, dice, “è la piazza di Bologna”, che ha rimesso insieme una destra-centro antirenziana, coesa, concentrata sulla sicurezza e su un diverso ruolo dell’Italia in Europa. “Ma da lì, ci sia Sallusti, e sarebbe ottimo, o un altro, bisogna andare oltre: a recuperare quel 50 per cento di elettorato che non vota più, a costruire un progetto che metta insieme innovazione, mondo economico, sicurezza, periferie”. Non solo un programma di bandiera, ma “l’aggregazione di un mondo che vada al di là del tradizionale elettorato del centrodestra”. Nebbie.

Di più su questi argomenti:
  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"