Perché sommando Le Pen, Grillo, Salvini e Varoufakis il risultato è sempre zeru tituli
Le storie sono diverse, certo, il peso politico non è paragonabile, ovvio, ma a pochi giorni dalle elezioni spagnole (domenica prossima) e a poche ore dai risultati delle elezioni francesi (domenica scorsa) c’è un filo che lega gli zeru tituli delle Le Pen con gli altri zeru tituli fragorosi e clamorosi registrati negli ultimi mesi in Grecia (la dottrina Varoufakis), in Inghilterra (Farage) e in Italia (Grillo) che spiega bene quella sensazione di sostanziale impotenza offerta da tutti i replicanti delle dottrine Podemos. I partiti anti sistema continueranno a eccitare ancora a lungo gli osservatori di tutto il mondo e continueranno a essere trionfalmente vincitori indiscussi dei sondaggi dei primi turni elettorali. Ma prima o poi anche i più accaniti e romantici sostenitori della tesi “morirete tutti, i vecchi partiti sono morti, fatece largo che arriviamo noi” dovranno riconoscere che il principio di realtà vince sempre sul principio di frustrazione e che il “vinciamo poi” delle Le Pen, dei Grillo e dei Salvini è conseguenza diretta di una scelta inevitabile che gli elettori fanno quando devono votare nell’ambito di un’elezione che può cambiare la propria vita: la volontà di affidarsi ai partiti credibili e non a quelli incredibili.
E’ come una regola non scritta delle democrazie mature: alla fine di ogni campagna elettorale vincono sempre le posizioni mediane. E da questo punto di vista la presenza in campo di forze incredibili, fuori dagli schemi, con un profilo più di lotta che di governo, rappresenta un’assicurazione sulla vita per quei leader che riescono a incarnare l’alternativa unica alle forze anti sistema. Le Le Pen e i Grillo sono allo stesso tempo i nemici numero uno delle forze di governo ma paradossalmente sono anche i loro migliori alleati. Ed è naturale che chi si trova a governare tenda sempre, come fa Renzi, a “scegliersi” come avversari i Di Maio, i Salvini, i Landini, ovvero quelle forze che, eufemismo, non hanno nel Dna una chiara attitudine al governo. Questa nuova forma di bipolarismo, i cui risultati non fatichiamo a credere che saranno visibili anche domenica in Spagna, non ha però solo l’effetto di rendere più forte un partito o una coalizione di governo ma presenta alcune controindicazioni, o meglio due tentazioni, che riguardano i partiti che si contendono gli elettori che hanno a cuore la politica credibile. Il primo rischio, pensiamo per esempio al caso italiano, è quello che incarna bene un partito non partito come Forza Italia, i cui dirigenti si illudono di conquistare un posto al sole non provando a conquistare gli elettori che oggi votano Pd ma provando (ultimo caso il voto di sfiducia al ministro Boschi) a rincorrere gli elettori della Lega e del Movimento 5 stelle, col risultato evidente di regalare a questi ultimi molti elettori. Il secondo rischio, la seconda tentazione, invece, riguarda i partiti di governo. Il problema è ovvio: è possibile far fronte al populismo senza essere populisti e senza alimentare in qualche modo una politica dell’irrealismo? In Francia, nonostante la vittoria contro le Le Pen, l’impressione è che il Ps e l’Ump intendano anestetizzare il Front national non combattendo del tutto quelle idee ma provando semplicemente a rubare molti argomenti alle Le Pen (vedi le posizioni sull’Europa e più in generale sulla cessione di sovranità della Francia).
[**Video_box_2**]In Italia, nonostante gli zeru tituli e il #vinciamopoi di Grillo, il rischio per Renzi è speculare: combattere il Movimento 5 stelle, e provare a rubare voti a Grillo, facendo proprio un po’ del grillismo (sul modello: che titolo di giornale volete impallinare?). La rottamazione, a suo modo, è stata una versione educata del “mandiamo tutti a quel paese” declinato da Grillo. Ma la sfida per i partiti di governo, se vogliono avere un futuro, oggi è proprio quella di resistere alla tentazione di inseguire i partiti incredibili. Sapendo che la somma algebrica della dottrina Le Pen-Salvini-Farage-Varoufakis-Podemos produce sempre lo stesso risultato: zeru tituli.