Mariano Rajoy (foto LaPresse)

Se non c'è, il bipolarismo lo si impone

Claudio Cerasa
Tripartitismo o quadripartitismo non importa. I vecchi partiti, come le vecchie televisioni, moriranno se non miglioreranno la propria offerta premium. Ma nell’attesa di capire chi avrà la forza per arginare i Grillos, i Podemos e le Le Pen d’Europa bisogna scegliere cosa fare. Doppio-turno-la-trionferà.

Lo abbiamo capito. Lo sappiamo. Il mondo sta cambiando. Il bipolarismo non funziona più come una volta. Il bipartitismo resiste solo laddove ci sono leader con gli attributi quadrati (Germania, Inghilterra). E dalla Francia alla Spagna arrivando fino all’Italia e alla Grecia il quadro politico si complica di giorno in giorno. E con lo stesso piglio con cui, mese dopo mese, la tv generalista perde telespettatori a beneficio dei nuovi canali digitali, i grandi partiti, quelli ancora schiavi delle vecchie ideologie, quelli che hanno scelto di non cambiare pelle, si devono confrontare, elezione dopo elezione, con i nuovi e loffi movimenti politici. Ci sono quattro partiti in Spagna, lo abbiamo visto, ce ne sono tre grandi in Francia, lo abbiamo registrato, ce ne sono almeno quattro in Italia, lo sappiamo, ce ne sono altrettanti in Grecia e in gran parte d’Europa lo spezzatino è ormai una caratteristica comune. Capita. Passerà.

 

I vecchi partiti, come le vecchie televisioni, moriranno se non miglioreranno la propria offerta premium. Ma nell’attesa di capire chi avrà la forza per arginare i Grillos, i Podemos e le Le Pen d’Europa bisogna scegliere cosa fare. Ovvero se assecondare o contenere. Se arrendersi ai nuovi equilibri, “la democrazia deve essere rappresentativa!”, oppure non arrendersi e provare, semplicemente, a correggere il sistema politico presente. Gli approcci che si possono seguire sono due. Il primo è quello di prendere atto di quello che succede e accettare la fotografia attuale in un modo semplice: costruendo coalizioni, anche creative, dopo le elezioni con i partiti che hanno raggiunto dei risultati importanti. Il secondo approccio è invece più battagliero ed è quello di chi ha capito che gli attuali equilibri non vanno fotografati ma vanno contrastati. Anche a costo di non rappresentare in Parlamento i veri rapporti di forza presenti nel paese.

 

Da questo punto di vista, il doppio turno ci sembra il contrario di una boiata pazzesca ed è, come dimostra da anni la Francia, non solo un sistema che funziona, e garantisce la famosa governabilità, ma che indica una precisa e saggia visione dei legislatori. Una visione che si potrebbe sintetizzare così: se vuoi governare un paese il bipolarismo, anche se non c’è, lo devi imporre, e se qualche partito viene schiacciato da questo schema significa che quel partito è considerato dagli elettori molto semplicemente inadatto a governare.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.