Silvio Berlusconi (foto LaPresse)

Quando c'era lui… Se l'avesse fatto il Cav… e altre nostalgie canaglia

Alessandro Giuli
Perché la reductio ad Berlusconem di Renzi fa tenerezza

Il vecchio e rozzo adagio “quando c’era lui…” non si porta più da tempo, ma adesso ne è nato uno nuovo, un piccolo e fortunato topos politico caro allo scontento collettivo: “Se l’avesse fatto Berlusconi”. E’ diventata questa la frase passepartout del momento, il nuovo nero degli atrabiliari inconsolabili che vorrebbero inchiodare Matteo Renzi all’ombra lunga del Caimano. E che sopra tutto cercano di destare dal torpore e dalla rassegnazione gli emeriti cultori del girotondismo, i feticisti della Costituzione-più-bella-del-mondo, il (fu) variopinto popolo viola e arancio che infiniti addusse lutti ai berlusconiani.

 

Ma non si tratta soltanto della sinistra minoritaria dei sedicenti ottimati dell’accademia, dei mozzorecchi e dei paleosindacalisti. Uno dei primi cultori della materia è infatti Enrico Letta. Fu lui, alla fine dell’aprile scorso, quando il premier pretese un voto di fiducia sull’Italicum, a uscirsene così sui taccuini del Manifesto: “Se l’avesse fatto Berlusconi, di approvare le regole da solo e di blindarle con il voto di fiducia, saremmo scesi in piazza. E ora che queste forzature avvengono a casa nostra non si può far finta di niente e applicare la doppia morale”. Il corteggio delle prefiche era stato aperto dalla minoranza del Partito democratico, e s’intuiva che si sarebbe via via ingrossato. L’eccelsa e irriducibile bersaniana Chiara Geloni, per esempio (ma guai a chi me la tocca), un’estate fa ne faceva più o meno una questione di metodo. Titolo: “La cacciata di Mineo: e se l’avesse fatto Berlusconi?”. Istruzioni fondamentali: “1) Chiedersi SEMPRE ‘ma se l’avesse fatto Berlusconi’. 2) Chiedersi ALMENO OGNI TANTO ‘ma se l’avesse fatto Bersani’”. Da Roberto Saviano al grillino Alessandro Di Battista – “Cosa avrebbero detto gli intellettuali di sinistra contro Berlusconi se lui avesse salvato una banca con un decreto ad hoc nella quale avevano interessi i suoi parenti?” – fino al capoclasse Marco Travaglio – “Minacce, ricatti, compravendite. Ma se lo facesse Berlusconi?” – i seguaci di Letta e Geloni si diffondono così, pressoché unanimi, sullo pseudo-cesarismo renziano. A metà dicembre, il Giornale di famiglia berlusconiana ha passato in rassegna alcune di queste espettorazioni, ma senza trarne alcuna morale, giusto per allargare la piccola piaga sull’epidermide degli insofferenti.

 

[**Video_box_2**]Ma forse una morale esiste e non è neppure quella opposta dai renziani: destra e sinistra sono categorie superate dai fatti, dai bisogni del presente. Se il Jobs Act, la riforma costituzionale, quella della scuola e, fresca fresca ma tutta da divinare ancora, quella della Rai non hanno provocato adunate di popolo; se la gestione più che controversa dei recenti microsalvataggi bancari non ha potuto creare le condizioni, non dico per una sollevazione di massa, ma nemmeno per un apericena d’indignados degno di una troupe in esterna, significa che la questione era mal posta. Il Cav. – ahilui, ahivoi – quelle riforme semplicemente non ha saputo o voluto farle. Punto. Matteo Renzi, Royal Baby o meno che sia, invece sì: a quanto pare le aspettative (o le abitudini) ingenerate non sono così negative e questo spiegherebbe il silenzio-assenso generale. A meno di credere – come fanno i nostalgici del caimanesimo – che un ventennio di guerra civile a bassa intensità abbia finito per anestetizzare la sensibilità civica degli italiani. Siccome così non è, allora la domanda si potrebbe riformulare a contrario: che cosa sarebbe successo se Renzi non l’avesse fatto? Una risposta plausibile è che l’avrebbero fatto i tedeschi, e a modo loro. Oppure la Troika. Conveniva?