Pd, che autogol su Quarto
Da qui alle amministrative, e oltre, saranno nespole tra pentastellati e democratici. Quarto Flegreo ha acceso la prima polemica politica dell'anno e farà scuola. In questo paesone di quarantamila anime in quell'area metropolitana di Napoli che già Francesco Saverio Nitti chiamava la corona di spine, citazione da Massimo Bordin (voto 10, per tutto quello che fa per tenere in allenamento la nostra memoria, è lui l'unico, vero servizio pubblico del paese), ci sarebbe stata dunque infiltrazione camorristica e voto di scambio tra famiglie criminali e un ex candidato dei Cinque Stelle espulso dal movimento prima di finire nel mirino della magistratura.
I maggiorenti del Pd, Orfini, Serracchiani, Emanuele Fiani, hanno preso al volo l'occasione per attaccare, chiedere indagini approfondite, addirittura lo scioglimento del consiglio comunale e passi indietro della sindaca, che è dei Cinque Stelle.
La replica del movimento è che il Pd usa due pesi e due misure. E Grillo ha aggiunto che i voti presi dal candidato inquinato non erano stati determinanti per la vittoria alle amministrative dello scorso anno.
La solerzia dem si spiega solo con l'affanno provocato dagli ultimi sondaggi che danno il Pd fermo al 30 per cento e i Cinque Stelle in recupero a un solo punto di distacco. Al Nazareno credono di sentire il fiato sul collo.
Ma sbagliano e di molto se pensano di poter scalfire il cliché dei bravi ragazzi dalle mani pulite appena sbracati in politica.
Polemiche di questo tipo servono solo ad alzare un gran polverone che però subito ricade e rischia addirittura di trasformarsi prima o poi in un boomerang. Un partito che viene da lontano e ha governato per anni come il Pd dovrebbe spiegare come va il mondo. In democrazia i criminali che non hanno perso i diritti civili votano e le elezioni gira gira sono sempre e comunque scambio: promesse da una parte, interessi desiderosi di essere tutelati, difesi, dall'altra. E' vero per un candidato radicale che promette l'amnistia e raccoglie voti nelle carceri, per un altro che strizza l'occhio a un sindacato di portantini o a una cooperativa di tassisti o perché no per un premier che promette 80 euro al mese al mondo del lavoro salariato.
Che i clan camorristici di Quarto abbiano individuato in un Cinque stelle il cavaliere bianco, che abbiano deciso di sostenerlo e di far votare in suo favore anche le vecchiette in carrozzella, è fisiologia. La patologia, cioè la collusione, la deriva criminale viene quando il candidato ha vinto e comincia a prendere decisioni: è allora che bisogna tenere occhi grandemente aperti e per così dire quelli di Raffaele Cantone non bastano. Insomma può accadere in democrazia che un Joe Kennedy chieda a Sam Giancana e al Sindacato dei camionisti di sostenere la corsa del figlio Jack alla Casa Bianca, è normale che quelli accettino e si attendano il rinvio dell'ascensore: e quando non arriva, quelli si incazzino e magari decidano di dargli una lezione, al presidente.
A Quarto non ci sono stati morti e non si vedono ascensori. O comunque non ancora né ci sono prove del contrario. I Cinque Stelle dunque hanno in questo caso segnato un gol (voto 8): Orfini Serracchiani e Fiani un autogol da polli (voto 4).
Tanto più che gli argomenti per attaccare, addirittura irridere ai Cinque Stelle, non mancano. Per l'ennesima volta si è visto in questi giorni la loro natura di setta opaca, autoritaria guidata da un guru, ignorante, strampalato e triste. Sappiamo che se incautamente gli italiani dovessero affidargli il governo se ne pentirebbero nel giro di un mese: chiuderanno supermercati, macellerie, sopprimeranno il traffico automobilistico. Saremo messi tutti a chilometro zero a mangiare vegetariano, ad andare a piedi. E saremo perché no obbligati a leggere l'organo della casa, il Fatto quotidiano, e poi Massimo Fini e Piketty, ad ascoltare la musica vacua di Fedèz (voto 4), prefatore del book di Casaleggio e di suo rapper solo tatuato. Noi siamo gente seria: noi stiamo con Adele e Checco Zalone (10 e lode) e perché no con Don Matteo, Nino Frassica, Belèn (voto 10)
PER BECCHI E BORGHI
L'ex presunto ideologo dei Cinque Stelle, ideologo a giorni alterni lo chiamò il Corriere della Sera, lo storico e professore universitario Paolo Becchi ha sbattuto la porta del Movimento. A Mondo operaio, la rivista di Luigi Covatta, ha spiegato il perché. Dice che ormai Casaleggio sta facendo fuori anche Grillo, che i Cinque Stelle hanno messo molta acqua nel vino in materia di Europa e moneta unica, e che le élite finanziarie (non meglio precisate) preferiscono i Cinque Stelle filo atlantisti a un Pd vagante. L'analisi di Paolo Becchi ha subito ricevuto molti like da parte di Claudio Borghi Aquilini, anche lui professore nonché economista di riferimento della Lega.
L'eurodeputato Matteo Salvini, che pure di Borghi è il mentore, ha preferito planare sulla vasta distesa nord coreana, paese in cui ha detto non ci sono cellulari né computer né televisori né automobili, un museo a cielo aperto che vale quindi la pena visitare. E' popolato da persone pacifiche, non saranno mai loro i primi a usare la bomba H, gli ha fatto eco Antonio Razzi (senatore di Forza Italia), grande amico della dinastia dei grandi ed eterni leader nonché compagno di viaggio di Salvini a Pyongyang l'anno scorso.
Non sono io che sono ossessivo-compulsivo con sempre più o meno gli stessi: sono loro che aprono la bocca e gli danno fiato, nella politica italiana c'è gente che proprio te le tira, sembrano ancora più idioti di Donal Trump senza nemmeno l'appeal di possedere grattacieli e alberghi ad Atlantic City.
Uno: la Corea del nord non è un museo a cielo aperto, è un buco nero au propre et au figuré, a guardare con i satelliti è l'unica parte abitata del globo in cui la notte non c'è la minima luce.
Due: se le élite finanziarie sponsorizzano i 5 Stelle si può stare tranquilli, in questi tempi come spostano voti e consensi poteri e gruppi finanziari, niente e nessuno.
Voto di gruppo ai succitati, tutti agli ultimi banchi: 4.
E PER FINIRE...
Lo Scalfari, la Calcassarre, lo Zagrebelsky, il Rodotà, il Lerner, l'Asor Rosa: il cuore pulsante del no alle riforme costituzionali di Renzi, (si legga in proposito sul Foglio di giovedì e venerdì lo spettacolare doppio, montante e uppercut, che sull'argomento ha firmato Mario Sechi, voto 9) ha già indossato l'elmetto per la battaglia di autunno. Nella quale però i Cinque Stelle faranno poca sostanza e molta ammuina. A loro l'architettura renziana non dispiace affatto e meno ancora dispiace una legge elettorale che gli metterà il piede alla staffa. Sembrano aver dimenticato gli azionisti chiodati che la guerra è finita e in politica non si fanno battaglie giuste ma solo quelle che si possono vincere. Questa qui lo Scalfari lo Zagrebelsky ecc ecc non la vincerebbero nemmeno con il giocattolino di Kim il paffuto. Anche qui voto 4, di gruppo, anche se questa è piuttosto gente da primi banchi.