Fidarsi e bene, non fidarsi…
Tutte le trappole nascoste dietro la fragilie intesa Pd-M5s sulle unioni civili
Roma. “Se il Pd cambia la legge sulle unioni civili, noi non la votiamo. Ma se resta così com’è…”, dice Nicola Morra, senatore a cinque stelle, calabrese, cauto e velato con i giornalisti. “Adesso per Renzi le cose possono diventare molto semplici o molto complicate”, allude con il tono di chi la sa lunga. E le unioni civili si votano al Senato tra una quindicina di giorni, ma i numeri della maggioranza sono fragili, e il consenso dei cinquantadue senatori di Beppe Grillo, come sanno Morra, Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista, è l’unica vera assicurazione sulla vita di una legge controversa e sulla quale Renzi ha forse investito un po’ troppo, in un gioco in cui lucidità e incoscienza, come spesso gli capita, coincidono. Gioca d’azzardo. Ma non si vince sempre facile come ieri sera, con la mozione di sfiducia al governo ampiamente respinta dall’Aula del Senato.
Così, mentre Beppe Grillo fa Beppe Grillo, dunque arruffa e si abbandona al turpiloquio, “se Renzi va casa per casa prenderà solo dei vaffanculo. Meglio un morto in casa che un Bomba all’uscio”, tra i 5 stelle, in Parlamento, si avvertono invece piccoli segnali di una grammatica nuova e inattesa, codici persino estetici, come la giacca e la cravatta che alla Camera ormai indossano (quasi) tutti, sorprendenti manifestazioni di vitalismo politico, di furbizia tattica fino a poco tempo fa impensabili (“guarda che non sono tutti scemi”, dice Andrea Augello, senatore di Gal), tanto più se è vero, come mormorano al Senato, e come dicono anche gli uomini di Palazzo Chigi, che sulle unioni civili Luigi Di Maio sta trattando personalmente con Renzi. Ampio, tra i due, è l’uso di messaggini whatsapp: voto assicurato, ma solo se la legge resta quella che è. E dunque il presidente del Consiglio non cerca i voti di Forza Italia – “con noi nessun contatto”, si lamenta Paolo Romani – né Renzi ha dato indicazione di rincorrere Angelino Alfano, ma i ragazzi di Grillo sì, e l’accordo è chiuso. Pare.
Eppure, da un angolo di corridoio del Senato, Roberto Formigoni (Ncd) si fa scettico. Lui ne ha viste tante, tifa contro le unioni civili ovviamente, e dice che “questa storia diventa un bel pasticcio per Renzi, datemi retta. I 5 stelle vogliono che la legge non cambi, ma al Quirinale c’è Mattarella che invece prega che non gli mandino la legge così com’è scritta adesso”. Il presidente della Repubblica non la firma? “Lo mettono in serissima difficoltà”, sorride Formigoni, con l’aria furba del gatto. “Mettiamola così, se Mattarella firma la legge, forza la Costituzione. Ma se non la firma, quelli lo legnano. Un bel problema”. Anche per Renzi, schiacciato tra il Quirinale e i 5 Stelle.
[**Video_box_2**]E in effetti, nel Pd, più ci si avvicina agli uomini di Renzi, più si avverte una sovreccitazione simile a quella che si respira a teatro a poche ore da una prova generale. “E’ una tripla”, dice Ernesto Carbone, “potrebbe finire in tutti i modi, 1 x 2”. Ci si può fidare dei grillini? E davvero Di Maio può garantire i voti dei senatori a 5 stelle, anche a scrutinio segreto? Chissà. Nei corridoi del Palazzo circolano le leggende più incontrollate, e persino i colpi di tosse fanno paura. I senatori del M5s, nei loro capannelli, talvolta si lamentano del direttorio, di Di Maio, di Di Battista, di Carla Ruocco, di Roberto Fico e di Carlo Sibilia, i ragazzini-deputati che comandano e vanno molto in televisione, con l’inevitabile arruffarsi di polemicuzze fatue, di piccole invidie, rancori personali e lo scoppiettare di conflitti interni tra consanguinei. Succede in tutti i partiti.
Ma questo tramestìo è sufficiente ad animare, nel Pd, un coro a mezza voce, a bocca storta, a occhi sgranati, allarmato. Il dubbio, il tremendo dubbio, e l’insicurezza si diffondono come il morbillo: “Ma non è che a scrutinio segreto, per tirare un pacco a Di Maio, i senatori del Movimento cinque ctelle votano contro le unioni civili?”. A saperlo. E’ il bello del gioco d’azzardo.