Il vecchio tic della sinistra che incolpa la democrazia per il terrorismo
E’ possibile parlare degli effetti collaterali del terrorismo sulle nostre società senza parlare del terrorismo? E’ possibile una riflessione sugli effetti negativi che può avere la paura, non prendendo sul serio la causa reale della paura? Forse è possibile, dato che lo fa con disinvoltura e perfino con una certa dose di buona fede un filosofo oggi influente come Giorgio Agamben e con lui tutta una parte della sinistra radicale, dal cui punto di vista il solo vero nemico sono sempre e comunque le democrazie capitalistiche, il loro essere “sistema”, la loro capacità di rafforzare, accrescere, estendere il loro dominio e controllo sociale. Secondo questo metodo critico il primo e unico compito è smascherare queste democrazie mostrando che in realtà sono dittature, dato che desiderano segretamente di essere dittature.
Un desiderio però non è ancora, non è sempre realtà. Chiunque governi e detenga un potere politico, stati o partiti, sogna probabilmente di estendere senza limiti questo potere. Non sempre tuttavia ci sono le condizioni perché questo sogno si realizzi. Per quanto il potere, ogni potere, sia vorace, astuto, lungimirante e sapientemente opportunistico nel cogliere ogni occasione per trasformare ogni minaccia in un aumento di forza e ogni pericolo in un perfezionamento dei propri dispositivi, è anche vero che la realtà esiste e può ostacolarne i progetti. La realtà è che finora non è stato ancora inventato un sistema politico che superi quello liberal-democratico, con tutte le sue ipocrisie e inadempienze, nell’ostacolare, nel rendere arduo e inaccettabile il passaggio al totalitarismo. Intendiamoci. Non sempre è necessaria una trasformazione politica di regime per rendere reale e legalizzato un controllo sempre più capillare sulla vita dei cittadini: per questo bastano i consumi e le tecnologie informatico-comunicative che amiamo molto. Le democrazie capitalistiche si sono specializzate particolarmente in questo: inducendo autocontrollo. Oggi in questo sono favorite da una richiesta sociale di governabilità che garantisca maggiori sicurezze nella vita quotidiana, civile, economica. La crisi produttiva e finanziaria, l’impoverimento di classi medie eccezionalmente estese, la disoccupazione giovanile, le ondate anzi maree migratorie, il terrorismo islamista e le condizioni esplosive di un intero continente prossimo all’Europa come l’Africa, hanno destabilizzato le nostre società. La paura, le paure hanno ragioni reali, non sono create dal nulla da governi europei che sognano di comportarsi come Vladimir Putin e di eliminare la libertà.
Nel suo articolo uscito il 27 dicembre sul Monde e riproposto due domeniche fa dal supplemento del Sole 24 Ore, Agamben denuncia il fatto che in Francia e altrove si possano negare legalmente le libertà costituzionali con il pretesto della lotta al terrorismo. L’articolo (“Guerra allo stato di diritto”) è argomentato con una chiarezza geometrica che sembra escludere ogni dubbio. Essendo stato prorogato di tre mesi, in Francia, lo stato di emergenza in seguito ai traumatici attentati di Parigi, secondo Agamben c’è da temere o prevedere “una trasformazione radicale del modello statale cui siamo avvezzi”.
Benché sia stato riproposto in questa occasione, lo schema di discorso non è nuovo. Appartiene da molti anni al pensiero dell’autore e fa parte da molto prima del repertorio teorico dell’estremismo anticapitalistico in versione antidemocratica. Secondo questo schema la democrazia non solo è ipocrita, è irreale. La realtà è il suo occulto totalitarismo, che non la rende sostanzialmente, essenzialmente (attenzione agli avverbi) diversa dalle dittature. Per prevenire possibili atti terroristici si farebbe dunque di peggio: si controllano tutti i cittadini come potenziali nemici. Grazie a un nemico esterno provvidenziale, lo stato di diritto verrebbe perciò trasformato gradualmente in un Security State, in uno stato di polizia che nega con una serie di provvedimenti le libertà garantite dalle leggi costituzionali.
[**Video_box_2**]L’attuale situazione è certo difficile, inedita, allarmante. La nascita di uno stato islamista, di un califfato terroristico in espansione territoriale e capace di suscitare un imprevedibile proselitismo del terrore in ogni islamico, usando potenti suggestioni che sono pseudoreligiose ma non prive di tradizioni e contenuti storici, non poteva che creare problemi nuovi all’Europa. L’emigrazione incontrollabile che preme ai nostri confini complica ulteriormante le cose, dato che la maggioranza dei migranti sono islamici. Tutto questo è reale o immaginario? E’ una subdola scusa o è una realtà? Si è liberi di teorizzare coerentemente e audacemente. Purché non si neghino certe evidenze di fatto in nome di un’ eccitante logica sfrenatamente deduttiva. Più che di consapevoli, astutissime, diaboliche intenzioni del sistema-potere che governa oggi le nostre società, si dovrebbe parlare di errori e di ottusità di tipo politico che a partire dal neocolonialismo soprattutto inglese e francese fino a oggi, con l’apporto decisivo della politica estera americana, hanno eliminato i tiranni locali immaginando di poter “esportare la democrazia”. E’ esportabile la democrazia in paesi che non l’hanno mai conosciuta né praticata? In Europa per imporla ci sono voluti secoli, anche dopo che le filosofie politiche l’avevano inventata. Ho detto “errori” e “ottusità” di tipo politico. Facile a dirsi. Si comincia ad agire politicamente più spesso per reazione immediata che per progetti consapevoli e calcolati. Dopo l’attacco alle Twin Towers era difficile credere che gli Stati uniti non facessero comunque qualcosa e subito per dare un segnale di potenza ai propri cittadini, ai nemici e al mondo. Le reazioni forti e inconsulte hanno poi degli effetti. Non è per niente scontato, per esempio, che a lungo termine i popoli islamici preferiscano la democrazia esportata dalle guerre occidentali al governo dei loro efferati e fanatici tiranni, ai quali sono da sempre abituati.
Nell’articolo di Agamben c’è, mi pare, più logica che realtà. Sarebbe bene che in uno schema di pensiero fossero inclusi altri dati di fatto. Per esempio due: 1) che la paura nei cittadini è vera e fondata, è stata prodotta dagli atti terroristici e non dallo stato, e 2) che lo stato deve “fare qualcosa” per rispondere non solo a questa paura ma alle reali minacce che la provocano. La violenza non lascia mai le cose come prima e le sue conseguenze negative possono durare decenni. Qualunque cosa si decida di fare, le “colpe” degli attuali governi possono sembrare poche e visibili, ma il vero problema sono le “cause” storiche: molte, spesso remote e certo non cancellabili. In quanto europei, le colpe dei nostri padri colonialisti ricadono su di noi, figli probabilmente stupidi, anche se non molto colpevoli e con qualche dovere di autodifesa.
Alfonso Berardinelli