Il caso della scissione dei grillini di Parma e la loro impossibilità di dirsi davvero diversi
Roma. “A Parma lotta intestina nel M5s”, è il titolo della notizia, ed è una notizia che deve fare uno strano effetto prima di tutto agli occhi dei Cinque Stelle medesimi. Doveva essere, infatti, il Movimento Cinque Stelle, un non-partito, il contrario del partito: nessuna corrente, nessuna lotta intestina e di potere interna, decisioni prese in armonia, con ognuno che dice la sua ma alla fine ci si rispetta e si resta tutti in pace sotto lo stesso tetto. Scissioni? Roba non nostra, si pensava tra i Cinque Stelle che credevano all’utopia delle origini, ben presto assalita dalla realtà proprio a Parma, l’avamposto conquistato ancora prima di giungere in Parlamento, con la vittoria di Federico Pizzarotti nel 2012.
Già Pizzarotti in persona, governando, si era accorto che alcuni purismi à-la-Casaleggio non si potevano sostenere quando si aveva a che fare con la mobilia (bilanci, inceneritori, cittadini inferociti). Non a caso Pizzarotti è il sindaco noto per l’opinione costantemente divergente, e per essere stato varie volte sull’orlo della scomunica. E però ora succede che a Parma i Cinque Stelle si ritrovino addirittura sdoppiati, come capitava ai partiti ex-post-neo-comunisti dopo la Bolognina. Ci sono infatti, ora, due gruppi a Cinque Stelle in Consiglio comunale a Parma, uno al governo (con Pizzarotti), l’altro all’opposizione (i consiglieri Nuzzi e Favani hanno formato un gruppo a Cinque Stelle uguale e contrario. Vorrebbero usare il simbolo, ma dalla casa madre pizzarottiana dicono: no, allora dovevate dimettervi).
[**Video_box_2**]Il sindaco ha chiesto al Direttorio nazionale di pronunciarsi sulla questione, ribadendo che “la maggioranza non ha correnti”. E però la scissione è lì, che fluttua nell’aria, più che altro come prova dell’impossibilità di dirsi davvero diversi.