Cara Archibugi, non faccia la Moretti
Si può provare nostalgia, o anche no, de gustibus, per la voce chioccia e il sarcasmo di Nanni Moretti, quando comiziando a piazza Navona mitragliò il suo celebre “con questo tipo di dirigenti non vinceremo mai”. E profetizzò che “per vincere dovranno passare tre o quattro generazioni”, perché la sinistra non sapeva più parlare a “testa anima e cuore delle persone”. Non sono passate generazioni, ma forse un’èra geologica sì, sta di fatto che una sinistra al governo c’è, anche se non è quella che Moretti aveva in mente. Ma, dicevamo, si può avere nostalgia per il suo stile tribunizio.
Soprattutto se il salto di generazione, tra cinema e impegno politico, porta dall’anima bella Moretti a Francesca Archibugi, anima candida. La quale, in un’intervista in cui si parlava di Roma ed elezioni, se n’è uscita con l’accusa preferita dei puri di cuore: il caro Partito democratico era una bella idea, ma si è “infettato seriamente e profondamente”. Non come il vecchio Pci (sempre di Roma, immaginiamo), ché “il Partito comunista era un partito romantico, operaio e intellettuale. E questa aura non c’è più. E’ stata succhiata via tutta, come una caramella”. Invece il partito nipotino ora “ha imbarcato cascami corrotti da altre formazioni politiche”. Che è la solita, vecchia accusa di aver fatto politica nelle condizioni date. E chissà dove l’aveva visto Archibugi, forse nel cinema-macchina dei sogni, il suo Pci romantico e intellettuale. A Roma? Così adesso, dice, nel Pd ci sono ancora “molti bravi amministratori e bravi politici”, ma “come uscirne? Non lo so”. Magari smettendola di fare il cinema, tanto per cominciare.