Perché a Milano non ci sono i grillini
Con tutto il rispetto per Valeria Valente (e pure per l’orgoglio ferito di Antonio Bassolino), Napoli non è una città – politicamente e amministrativamente parlando – in cui le cose funzionino alla perfezione. Con tutto il rispetto per Roberto Giachetti, nemmeno Roma lo è. Senza sbilanciarsi in complimenti, si può dire invece che una città come Milano, dal punto di vista del funzionamento generale della classe politica e anche dei partiti, le cose vanno un po’ meglio. Tant’è vero che per tempo, con sistemi diversi – le primarie e l’intesa tra partiti – sono stati scelti due candidati credibili, in grado di attrarre i rispettivi elettorati e, particolare non secondario, di mettere in un angolo l’antipolitica.
La prova del nove può essere questa: a Milano il Movimento cinque stelle praticamente non esiste, non ha appeal e rilevanza nei sondaggi, e persino la povera, stravagante candidata Patrizia Bedori ha mollato. Partita chiusa. Diversamente, a Napoli potrebbe rivincere un antipolitico come Giggino De Magistris, e a Roma potrebbe farcela un grillino: dove forme e contenuti della buona politica falliscono, lo spazio a pupulisti e urlatori si apre. Questa cosa dovrebbero tenerla presente tutti, ma soprattutto il Pd di Renzi. Infatti c’è un corollario al ragionamento sopraesposto: in una città come Napoli, contro uno sfascio antipolitico evidente, la forza di una candidata di partito, persino non strettamente renziana, può farcela. A Roma, un Giachetti ha dalla sua una credibilità politica che un qualsiasi grillino si sogna. Invece in una città come Milano, dove una buona politica produce buoni candidati, per Beppe Sala battere Stefano Parisi non sarà un gioco.
La prossima Commissione