Il problema di Parisi a Milano sono i suoi
Lo spettacolo grottesco che il centro-destra offre di sé a Roma è inenarrabile. Con la candidata-quasi mamma che oggi annucnia la discesa in campo e il candidato delle “gazebarie” Bertolaso a cercare un “piano B” e che pesci pigliare, con Matteo Salvini e Silvio Berlusconi a un passo da una rottura politica di poco senso e meno costrutto. Ma, al netto del tragicomico teatrino, l’impressione è di uno scontro frontale – finale o decisivo, anche no – tra la Lega e Forza Italia. La fotografia farlocca della reunion di Bologna, neanche un anno fa, è scolorita. Ci sono anche delle parzialissime verità politiche, in tutto questo. Una è che FI non vuole ridursi al ruolo di junior partner al traino della Lega, il che è l’esatto intento di Salvini. L’altra è che il leader leghista non possiede né una visione, né una strategia d’insieme, né voti spalmati equamente sul territorio per potersi proporre a federatore nazionale.
Poi c’è un caso specifico. Massimo Franco, sul Corriere della Sera di ieri, arguiva che lo scontro potrebbe arrivare fino al nord, luogo simbolo e cuore di un’alleanza che regge da oltre vent’anni. Trascurava però di fare l’esempio concreto, attuale e decisivo: la partita per il sindaco. A Milano, in un sussulto di politica, è stata trovata la candidatura di Stefano Parisi. Una sua vittoria contro Beppe Sala non è facile, o probabile. Ma si corre per vincere, o no?, e lui è adatto al ruolo. Soprattutto – anche senza perdersi nei giochini sulla ricerca di un “modello nazionale” – il metodo con cui è stato individuato il candidato e il suo profilo rappresentano quantomeno un’idea di cosa dovrebbe fare il centrodestra se volesse contendere (le elucubrazioni se poi Berlusconi lo voglia davvero le lasciamo per un’altra volta) elettori e governo alla sinistra di matrice renziana: coalizione, politica e non antipolitica, un programma di buongoverno, squadre credibili. Il problema è che il marasma e la pochezza che il centrodestra sta mostrando a livello nazionale rischiano di essere la zavorra più grande, la trappola più pericolosa, per il buon candidato Parisi. A Milano, intesa come luogo d’elezione del miglior centrodestra, peserà la mancanza di credibilità generale dello schieramento. E la sua incapacità, oggi, di raccogliere un voto d’opinione e non solo d’appartenenza è ciò che rende davvero difficile la scalata di Parisi.