Non solo Napoli: ricorsi e tendenze alla scissione nel M5s correntizio
Fosse un gioco, la formazione potrebbe essere questa: casaleggiani contro resto del mondo. Nel clima di sospetto generale nel Movimento, e dopo lo sciopero della fame degli espulsi, non è rimasto che rivolgersi al tribunale (si vedrà).
Roma. Fosse un gioco, la formazione potrebbe essere questa: casaleggiani contro resto del mondo. A poche settimane dalle amministrative, infatti, l’universo a Cinque Stelle, apparentemente ringalluzzito per le lodi internazionali a Virginia Raggi (candidata a sindaco di Roma), è percorso da inquietudine funesta, in alcuni casi già sfociata in tribunale. Come a Napoli, dove non c’è pace dietro il volto del vincitore delle “comunarie” Matteo Brambilla, brianzolo trapiantato sotto al Vesuvio e portatore di 276 voti di preferenza sul web nonché dell’endorsement del presidente a Cinque Stelle della Commissione di Vigilanza Rai e membro del Direttorio, Roberto Fico. Personaggi e interpreti della storia: Brambilla stesso, candidato che piace alla Casaleggio Associati, e i trentasei attivisti espulsi via mail dal M5s (alcuni sostengono di essersi preparati alle primarie via web ma di essere stati fermati e poi depennati con l’espulsione).
Video presentazione di Matteo Brambilla, candidato sindaco di Napoli
Poi c’è Luca Capriello, avvocato e autore del ricorso che mira a mettere sotto accusa i meccanismi decisionali nel movimento. Sullo sfondo, le cene “segrete” che in un altro partito potrebbero essere considerate “cene di corrente”, ma che in un Movimento che non vuole dirsi partito assumono l’aria del complotto illegale e a dir poco “massonico” (anche questo termine è stato usato). Nel clima di sospetto generale, e dopo lo sciopero della fame degli espulsi, non è rimasto che rivolgersi al tribunale (si vedrà). E pensare che a inizio febbraio, per dare abbrivio alla corsa pre-elettorale a Napoli, Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera a Cinque Stelle, aveva salutato il momento come fosse quasi quasi la corsa verso il sol dell’avvenire: “…C’è una città da far conoscere al mondo, da rendere visibile e vivibile atutti. E’ il momento di concretizzare il percorso del M5s fatto insieme ai cittadini in tutti questi anni, c’è la possibilità di lavorare alla rinascita di una città difficile ma piena di potenziale…una città che ogni essere umano dovrebbe conoscere per la sua bellezza…”. Ma il mistero (buffo?) della “comunarie” online napoletane ha spazzato via la speranza di non dover apparire irremediabilmente simili agli altri (quelli dei partiti, che però con la realpolitik convivono da decenni).
Ma Napoli, per il M5s, non è l’unico caso di preludio avvelenato alle amministrative. Si è appreso infatti che non ci sarà un candidato sindaco grillino “certificato” a Rimini, ma neppure a Ravenna, Caserta, Latina e Salerno: comunicazione ufficiale sul blog di Grillo, e motivi poco chiari. Al di là del dettaglio (variabile per sfumature da città a città), lo schema è sempre lo stesso: tra due litiganti, uno che piace alla Casaleggio Associati e uno no, si sa già chi avrà la meglio ma se le liti non si spengono la centrale milanese dice “non si corre”. Dietro, l’insostenibile pesantezza del doversi mettere d’accordo come in un partito (anche perché poi bisognerebbe dirsi partito). Fatto sta che a Rimini, a un certo punto, l’eletto di M5s all’Europarlamento Marco Affronte ha postato su Facebook un j’accuse verso il sistema di scelta dei candidati: “La notizia della decisione è arrivata in maniera anonima, stringata, senza nessuna comunicazione diretta e preventiva…ma da questa parte del blog ci sono delle persone, degli attivisti che per cinque anni hanno speso ore e ore di impegno e energie…”. Nella cittadina adriatica, infatti, era stato inizialmente votato Davide Grassi, avvocato, ma poi era spuntata la disponibilità alla candidatura di Sonia Toni, caso vuole anche ex moglie di Beppe Grillo (da lì il patatrac). E certo l’Emilia Romagna non è terra tranquilla per i Cinque Stelle: a Parma, dove pure, nel 2012, è stato eletto il grillino non allineato Federico Pizzarotti, lo stesso Pizzarotti ha dovuto assistere a una micro-scissione: due consiglieri sono passati all’opposizione con un gruppo clone (non si tratta di candidature elettorali, ma la tendenza correntizia è evidente).