Aprire il M5s come una scatoletta di tonno
Il blog, entità mistico-opaca che governa il M5s (e che è a sua volta governato in misura mistico-opaca dagli uffici milanesi della Casaleggio Associati) ha stabilito per editto web che a Rimini, a Ravenna, a Latina, a Caserta e a Salerno non ci saranno liste M5s. Ovvero “il blog” ha impedito che gruppi storici di attivisti si potessero candidare alle elezioni. E tutto questo senza primarie, senza assemblee, senza direzioni, consultazioni o votazioni di alcun genere. D’altra parte il simbolo a cinque stelle non è a disposizione degli iscritti, è di proprietà di Beppe Grillo, e persino gli organi direttivi del M5s non sono regolarmente eletti. Ecco. Si tratta di una meccanica autoritaria particolarmente evidente nel M5s – che pure strombazza la propria democraticità “dal basso” – ma che non riguarda solo il partito di Casaleggio.
Dalla caduta dei partiti storici, dopo Mani pulite, il sistema italiano si è caratterizzato per il proliferare di partiti “di proprietà” (tutti pensano a FI, ma anche l’Idv apparteneva a Di Pietro), e per scarsa trasparenza anche lì dove le tessere abbondano. Un sistema che ha evidenziato limiti riconosciuti al diritto di partecipazione garantito dall’articolo 49 della Carta. Alla Camera, in commissione, adesso si sta discutendo l’introduzione di una legge sulla trasparenza e la democrazia nei partiti. Lo sponsor principale è Lorenzo Guerini (Pd), che trova resistenze, ma anche insospettabili alleati tra i parlamentari ex M5s che hanno sperimentato il “sistema Casaleggio Associati” come Mara Mucci, la deputata che convocò (senza avere risposta) Casaleggio in commissione Affari costituzionali. L’occasione è forse unica. Un apriscatole.