Ma qualcuno ha letto davvero l'emendamento incriminato dell'ex ministro Guidi? Dov'è il “regalo” ai petrolieri?

Umberto Minopoli

C'è un'inchiesta che ha sfiorato il governo, a pochi giorni dal voto a un controverso referendum (che vede tra i principali promotori un ex magistrato passato alla politica). Faccio una domanda ingenua: qual è il vero oggetto dell'inchiesta?

Sono un cittadino mediamente informato. E non sono stato un cosiddetto renziano della prima ora (della seconda, invece, con molta diligenza e impegno, gli oppositori del premier me lo stanno facendo diventare). Cerco di essere distaccato e oggettivo e faccio alcune considerazioni. 

 


Federica Guidi, ex Ministro dello sviluppo economico, da poco ha rassegnato le dimissioni


 

Prima: c’è un’inchiesta che ha sfiorato il governo, a pochi giorni dal voto ad un controverso referendum (che vede tra i pricipali promotori un ex magistrato passato alla politica). Faccio una domanda ingenua: qual è il vero oggetto dell’inchiesta? Qual è il reato che viene contestato agli indagati? Non so voi ma io non l’ho capito. E, sinceramente, vedere messo (quasi) in crisi un governo per un’inchiesta, di cui non si afferra la consistenza e l’oggetto, mi turba alquanto come cittadino. Se l’oggetto di reato è (ma da dove è stato scovato?) il “traffico delle indulgenze (pardon, delle influenze)” di medievale ascendenza, osserverei questo: deve essere una cosa assai blanda. Altro che lobby e poteri forti. Se non fosse blanda, infatti, e se fosse quella cosa mostruosa che gli oppositori declamano, al punto di chiedere la fiducia sul “governo delle lobby”, credo che i magistrati avrebbero avuto ben altre imputazioni forti da contestare. Che so? Corruzione, voto di scambio, concussione e altro. Non mi pare che quando c’era anche solo la puzza di questi reati, la magistratura abbia avuto imbarazzi a procedere.

 

Ora, invece, si tratterebbe di “traffico delle influenze”. Che sarebbe? Chi l’ha praticato? Visto che i politici tirati in ballo non risultano indagati? Forse non è questo, allora, il vero reato che si sospetta. E qual’è allora? Perché le procure lasciano andare avanti un teatro che ha conseguenze, addirittura, sul governo e non chiariscono se in mano hanno ben altro? E’ possibile che da una settimana di trambusti che sfiorano la crisi di governo, noi sappiamo solo che il reato sarebbe quello del “traffico delle influenze”? E che per esso sarebbero perseguiti non i politici, né i poteri forti, né i petrolieri, né la Total, eccetera, ma un piccolo imprenditore conoscente di un ministro e alcuni oscuri funzionari locali? Io spero di aver capito male. E che non siamo a tali inconsistenze.

 

Seconda: ci siamo lacerati per una settimana su un famigerato emendamento che sarebbe un inopinato, non dovuto, dequalificante, torbido “regalo ai petrolieri”. Dico la verità: leggevo questo sui giornali ma non trovavo il testo dell’emendamento. E mi tormentavo. Mi chiedevo infatti come aveva potuto pensare il bravo Renzi di ficcare, in una legge dello Stato, un torbido regalo ai petrolieri pensando di farla franca. Con queste opposizioni? E con i loro giornali? Bischero di un Renzi, mi dicevo nella sua lingua patria. Poi, fortuna ha voluto che ho potuto leggere il testo dell’emendamento. Altro che regalo o torbida concessione ai petrolieri. Altro che Renzi bischero. L’emendamento è, finalmente, una sacrosanta rivoluzione: una innovazione giusta ed essenziale. Che è sempre stata una bella idea riformista, copiata dall’estero, dalle best practice dei governi occidentali e che è sempre stato un cavallo di battaglia di quella che un tempo era una sinistra intelligente e modernizzatrice, di cui si sta perdendo traccia. Dunque il famigerato emendamento recita: “… nella Legge di Stabilità 2015, al comma 552, è introdotta l’estensione dell’autorizzazione unica anche per le opere necessarie al trasporto, allo stoccaggio, al trasferimento degli idrocarburi in raffineria, alle opere accessorie, ai terminali costieri e alle infrastrutture portuali strumentali allo sfruttamento di titoli concessori esistenti…”.

 


Il giacimento petrolifero in Basilicata, Tempa rossa


 

Ecco qua. Di questo si tratta. Non credo che gli “indignati” faziosi di destra e sinistra siano arrivati a capire il senso chiarissimo di questa norma. Che, a chi non è offuscato dall’odio politico, appare molto precisa: si tratta dell’autorizzazione unica per le opere valutate ed approvate. Una cosa che dovrebbe essere ovvia e che non lo è solo in Italia. Da noi quando un’importante opera ha ottenuto l’autorizzazione (dopo una lunga e certosina valutazione) non ha ottenuto nulla. Tutto resta bloccato. Perché? Perché non basta che l’opera sia stata valutata ed approvata dai livelli istituzionali previsti. L’autorizzazione, come un rito bizantino, deve essre ripetuta, doppiata, reiterata per ogni singola parte dell’opera, per ogni ufficio amministrativo, per ogni capoufficio, per ogni funzione amministrativa. Un processo infinito, inutile, esasperante, ritardante. Che serve solo a dare un potere insopportabile ai burocrati locali (di cui loro approfittano anche per lucrare tangenti). Solo un problema di carte e scartoffie. Che servono solo a perdere tempo ma conferendo potere di interdizione e di ricatto (spesso tangenti) ai burocrati e funzionari locali. All’estero questo non c’è: l’autorizzazione è unica. Se un’opera, dopo una lunga e dettagliata valutazione di tutti i poteri interessati, è approvata, si realizza. E la Total chiedeva solo questo. Cioè una cosa che dovrebbe essere ovvia. Dove sono i regali? Dove sono i soldi alle lobby? La Total (che poi non sarebbe un mostruoso petroliere texano o arabo ma una grande industria pubblica della alleata Francia e della nostra povera Europa comune) chiedeva solo una ovvietà: “ci metto titti i soldi per quest’opera che, tralaltro, a voi italiani dà petrolio, lavoro e tecnologie. Almeno fatemela realizzare se è stata valutata e approvata”. Sinceramente? Hanno ragione. Leggo che un signore, tal Realacci, deputato a vita della sinistra e che per mestiere fa l’ambientalista del Pd (ma del versante di quegli ambientalisti che, guarda caso, stanno sempre con i partiti di governo) si vanta di aver fatto saltare quell’emendamento. Spero non sia vero. Non capisco davvero di cosa possa vantarsi.

 

Terza: siamo un paese dove questo casino succede per portare un po’ di persone a votare per un referendum fesso. Pensato per cambiare delle norme che il governo ha cambiato, il referendum è rimasto per un residuo, la parte piu’ stupida e cretina. Quella che dice che se stai sfruttando un pozzo (quindi parla di pozzi già attivi e non di nuovi pozzi) e se la concessione, nel frattempo, ti scade non puoi finire di estrarre. E quel poco di ricchezza, di gas o petrolio, che eventualmente sarà rimasta nel pozzo resterà intoccata come fosse una rovina greca o romana. Ditemi voi se esiste una decisione piu’ stupida di questa. Beninteso: attorno a quel pozzo che si interrompe per una data burocratica della concessione, restano in attività tutti gli altri pozzi: quelli che hanno ancora la concessione, quelli che sono ad appena un po’ oltre le 12 miglia, quelli della Croazia, dell’Albania, eccetera. Per questo straordinario e intelligente referendum (con cui un politico pugliese immagina di iniziare la sua scalata a Renzi) si è scatenato un casino che sfiora la stabilità politica. Una vergogna. Quarta. Alcuni miei amici della minoranza del Pd mi dicono: noi siamo per il no al referendum.

 


La multinazionale petrolifera Total ha ceduto alla giapponese Mitsui&Co Ltd il 25% del giacimento Tempa Rossa, facendo entrare i giapponesi nella corsa all'oro lucano. Fonte: ecoblog


 

Ma votare è un dovere. Per niente. Nel referendum abrogativo italiano il quorum è inteso come prova che i promotori godono del consenso della maggioranza dei cittadini nella loro richiesta di abrogazione. Cosa comprensibile: si tratta, infatti, di abrogare una norma contenuta in una legge. Cioè una cosa votata dal Parlamento: il massimo organo sovrano della volontà della maggioranza del paese. Se vuoi smentire il Parlamento, dice la legge italiana, abrogando una sua norma devi dimostrare, almeno, di averne la legittimità. E la legittimità è data dal quorum. Che serve a questo. E, per questo, in un referendum, il quorum è persino piu’ importante del si o del no. Non si tratta di un voto consultivo, infatti. Il voto abrogativo del referendum italiano cambia una norma votata dalla maggioranza del Parlamento. E questo non può deciderlo il voto di una piccola minoranza. Per questo vale il quorum. E per questo chi non ritiene utile cancellare quella norma ha tutto il diritto di chiedere alla gente di non recarsi al voto. E di non far scattare il quorum. Cosa che molti di noi, cari amici della minoranza Pd, stanno chiedendo a viso aperto: un referendum stupido e dannoso deve fallire. Il dovere civico è questo. 
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