Intercettazioni. Perché pubblicare la spazzatura sui giornali non è un atto dovuto
Al direttore - Ormai è evidente a tutti che l’ex ministro Guidi, non indagata ma sentita esclusivamente, per ora, come persona informata sui fatti, non sia Al Capone, ma voglio partire dal falso presupposto che lo sia. Se anche Lei fosse Al Capone, io non vorrei mai leggere su un giornale i dialoghi tra lei e chiunque altro su suoi fatti personali, come la salute, l’educazione dei figli, i rapporti sessuali. Non voglio leggerla perché non ha alcuna rilevanza giuridica, perché appartiene alla sfera privata, perché non sono fatti miei, perché, soprattutto, la LEGGE prevede che questo tipo di dialoghi, se intercettati, vengano distrutti, accantonati, cancellati o semmai secretati. Le decine di frasi, che abbiamo letto sui giornali di questi giorni e che sono a mio avviso la dimostrazione plastica dell’imbarbarimento di questo nostro strano paese, non dovrebbero esistere perché lo stato non ha legittimo diritto di disporne. Invece esistono, sono state intercettate, trascritte, fotocopiate e probabilmente vendute per 4 spiccioli. Ma non voglio scaricare la colpa sui giornali e sui giornalisti. I giornali e i giornalisti raccolgono qualunque notizia consenta di vendere copie e di battere la concorrenza. Il problema nasce all’interno dei luoghi deputati alla ricerca della verità e della giustizia: i tribunali. La mancata vigilanza, il mancato rispetto della legge, l’atteggiamento di negligenza che rende disponibili alla stampa e al mondo, squarci di vita privata, sono quelli dei magistrati preposti all’indagine. Cioè di quei funzionari dello stato cui abbiamo concesso il potere di entrare nella vita delle persone e disporre della loro libertà personale, nel solo esclusivo nome della giustizia e della ricerca di giustizia. Ma se la ricerca della giustizia parte con un atto illegittimo allora la legittimità di questo potere può essere messa in discussione. Mi rifiuto di pensare che lo scopo di un’intercettazione fatta con soldi pubblici sia molto spesso solo quello di fornire materiale per riempire per qualche giorno le pagine di giornali amici. Mi rifiuto di pensare che solo a me faccia schifo leggere sui principali quotidiani italiani che il compagno della Guidi non dedicava attenzione a suo figlio e che questa cosa facesse soffrire la mamma! Hanno sbagliato? Vengano giudicati, condannati e paghino. Vengano magari messi alla pubblica gogna con la pubblicazione delle loro malefatte e dei discorsi fatti per compierle. Ma fermiamoci lì. Torniamo a mettere regole minime di civiltà e convivenza. Non posso farlo io, non può farlo il potere legislativo perché le leggi esistono già, né l’esecutivo. Tocca alla magistratura applicare la legge e autoregolarsi perché in questo caso si tratta di documenti usciti prima del deposito e quindi di documenti “conservati” in procura. E non mi si risponda che il sistema non può essere controllato, perché a memoria d’uomo non si ricordano documenti usciti, ad esempio, dalla procura di Torino che di indagini importanti ne ha svolte molte…
Guido Crosetto
Siamo arrivati a uno stadio finale, caro Crosetto. Ma lei è troppo generoso con i giornalisti. Pubblicare intercettazioni non penalmente rilevanti che sputtanano persone neppure indagate non è un atto dovuto. Scegliere di trasformare i giornali in una Malagrotta dell’informazione si può evitare. Ma come direbbe Marco Travaglio oggi “la presunzione di innocenza è un gargarismo”, e tant’è.