Stop intercettazioni, adesso
Ci vuole una legge per applicare la nostra costituzione, la più bella del mondo
Offesa invece perpetuata nei confronti di molti indagati e di molte persone che indagate non erano. Di persone coinvolte e di persone neanche coinvolte, ma semplicemente “citate”. Sublime nella sua perfidia ipocrita il titolo ormai ricorrente “Spunta il nome di…”. Spunta? No, non spunta, è stato (per volontà, per distrazione, per sciatteria, per comodo?) trascritto, inserito negli atti, lasciato nelle carte passate indebitamente a uno o più giornalisti da un magistrato, da un cancelliere, da un poliziotto, da un avvocato, da un imputato… E il giornalista che fa? Se io ho una notizia la pubblico! Nessuno scrupolo, nessuna domanda, nessuna verifica, nessun timore di dare in pasto le vite degli altri al voyerismo imperante, spacciato sempre e comunque come “diritto di essere informati” (certo che è un diritto, ma ha il suo limite nella non lesione di altri più fondamentali diritti della persona).
La spesa in intercettazioni nel nostro paese è di 200 milioni di euro l’anno, soldi bene spesi se servono per trovare “i ladri”, si dice. Io dico che servono anche per trovare gli assassini, i terroristi, gli stupratori… e per questo le ritengo un indispensabile strumento di indagine. Di indagine, non di gogna mediatica e di condanna pubblica prima di un processo e di un giudizio. Processo e giudizio che non sempre arrivano e che in ogni caso riguardano, essendo la responsabilità penale personale, solo gli imputati, non i loro conviventi né meno che mai le persone che essi citano al telefono. Le pene vengono stabilite da un tribunale, l’articolo 27 della nostra Carta dice che devono tendere alla rieducazione del condannato, ma non esclude che abbiano un aspetto afflittivo. Tra le afflizioni imposte al reo, però, non è prevista quell’afflizione aggiuntiva che è lo sputtanamento urbi et orbi, né per gli aspetti della sua vita privata che nulla c’entrano con i suoi reati, meno che mai per gli affetti, i sentimenti, i gusti, le passioni dei suoi cari o dei suoi conoscenti.
Ricapitolando, le intercettazioni sono uno strumento di indagine, non sono una pena da comminare prima di una condanna, non costituiscono prova. La prova si forma in dibattimento. Leggere trascrizione di un’intercettazione nulla dice sul tono con cui è stata pronunciata, e come dice Luciano Violante in un’intervista di ieri alla Stampa a proposito di una battuta di Renzi, “il tono conta molto”. Per questo vanno usate con razionalità, con prudenza (jurisprudentia), quelle non strettamente inerenti all’indagine non vanno inserite nell’avviso di garanzia, né nel fascicolo del dibattimento, quelle inutili vanno distrutte, lo dice anche il procuratore Armando Spataro nella sua ormai famosa circolare.
Ecco, partiamo da quella circolare, in cui un magistrato famoso dice sostanzialmente che di troppe intercettazioni si fa un uso troppo disinvolto. Nessuno vuole sostituirsi al giudizio di un magistrato terzo (non del pubblico ministero) che stabilisca quali siano utili e quali no, ma i criteri in base ai quali operare questo discernimento vanno fissati. Basta la circolare di una o più procure? No, perché è vero che il magistrato è sottoposto solo alla legge, ma è altrettanto vero che la legge è (deve essere) uguale per tutti. Perché c’è un giudice a Berlino, ma anche uno a Milano, uno a Roma, uno a Reggio Calabria, uno a Palermo… e il libero convincimento è sacrosanto, l’assoluta discrezionalità no. “La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili”. Ci vuole una legge per applicare la nostra Costituzione, la più bella del mondo.
Maurizio Lupi (Ncd) è capogruppo alla Camera dei deputati di Area Popolare