Viva Napolitano (soprattutto quando picchia)
Picchia duro contro le ipocrisie sul referendum costituzionale. Prende a sberle i cultori della retorica anti industriale. Rivendica la legittimità di non andare a votare in presenza di un referendum senza senso, che definisce “un’iniziativa pretestuosa”. Rivendica, sfidando l’Italia del politicamente corretto, dei Grillo, dei Civati, degli Speranza e di tutti gli altri, il “diritto all’astensione”, esattamente come facevano i Ds nel 2003 ai tempi del referendum sull’articolo 18. Tira per le orecchie la repubblica dei pacifisti ad oltranza, sostenendo che le guerre quando bisogna farle non bisogna aver paura di farle. E infine, dato da non sottovalutare, non si accoda, come purtroppo ha fatto persino il presidente della Repubblica Sergio Mattarella (“Un politico innovativo”), alla sfilata un po’ retorica di tutti coloro che in queste ore hanno ricordato Gianroberto Casaleggio descrivendolo come se fosse stato, in vita, un mix tra Steve Jobs e Cavour. Più che la guida dei comitati referendari per la riforma costituzionale, bisognerebbe affidare a Giorgio Napolitano la cattedra di un corso sui fondamentali della politica riformista, o quantomeno la stesura di un agile manualetto da distribuire a tutti i parlamentari (e anche a qualche vescovo) per delimitare con chiarezza il perimetro del riformismo da quello del populismo.
Napolitano, lo ha fatto giovedì in un’intervista a Repubblica, ha scelto, nella sua veste di ex presidente della Repubblica e oggi di senatore a vita, di non limitarsi a essere un pigia bottone di Palazzo Madama ma ha deciso di portare a termine un percorso importante che aveva già cominciato ai tempi del Quirinale: fare di tutto per spingere il galeone del centrosinistra lungo una rotta alternativa. Una rotta capace di fare i conti con la modernità, con la crisi economica, con l’Europa delle grandi coalizioni, e una rotta che giorno dopo giorno sta portando il centrosinistra sempre più lontano dal berlinguerismo e dall’Italia intrappolata nei tic della questione morale. “Onestà”, gridavano i sostenitori di Grillo ai funerali di Casaleggio. Ma che cosa è, in concreto, l’onestà politica? “L’onestà politica non è altro che la capacità politica: come l’onestà del medico e del chirurgo è la sua capacità di medico e di chirurgo, che non rovina e assassina la gente con la propria insipienza condita di buone intenzioni e di svariate e teoriche conoscenze”. Lo scriveva nel 1931 in “Etica e Politica” Benedetto Croce. Sarebbe una perfetta introduzione al manuale del politico non cialtrone. Viva Napolitano.