Valide ragioni per dire "No" alla truffa del referendum
Belle parole, ottimi slogan. Ma dietro il referendum c'è tanta politica e niente fatti
Che quello di domenica prossima sia un referendum dalla connotazione fortemente ideologica è dimostrato da quanto affermano gli stessi promotori della consultazione. “La vera posta in gioco di questo referendum – si legge nell’appello del comitato promotore – è quella di far esprimere gli italiani sulle scelte energetiche strategiche che deve compiere il nostro paese, in ogni settore economico e sociale per un’economia più giusta, rinnovabile e decarbonizzata”. Belle parole, che indicano però che al di là del contenuto del quesito – che vuole impedire, non già nuove trivellazioni, bensì la prosecuzione sino ad esaurimento di alcune di quelle già in corso – la volontà dei sostenitori del “sì” è quella di dare e chiedere segnali politici, più che di risolvere problemi.
Il tutto, naturalmente, senza preoccuparsi più di tanto – oltre che per i 300 milioni di euro (dei cittadini) necessari all’organizzazione del referendum – per gli investimenti effettuati dalle imprese del settore nonché per i loro addetti (7.000 solo a Ravenna). Si legge ancora nell’appello dei promotori: “Quindi il vero quesito è: vuoi che l’Italia investa sull’efficienza energetica, sul 100 per cento fonti rinnovabili, sulla ricerca e l’innovazione?”. Belle parole anche queste, non c’è che dire. E nobili propositi, che ciascuno di noi sottoscriverebbe, magari di fronte a una tazza di tè. Ma i referendum dovrebbero essere altra cosa: non già la sollecitazione a far schierare la gente su degli slogan, bensì la devoluzione diretta ai cittadini della scelta su singoli problemi.
Peraltro, come è evidente, l’una cosa non esclude certo l’altra. Consentire la prosecuzione delle estrazioni in essere non contrasta con l’obiettivo di investire sulle energie rinnovabili. Ciò detto, a proposito di ambiente: se l’impegno dei sostenitori del referendum sulle trivellazioni in mare e le relative risorse pubbliche fossero rivolti al contrasto del degrado che colpisce le nostre città anche a causa delle scelte pubbliche, l’Italia sarebbe senz’altro molto più bella. Ma questa è un’altra storia.
Giorgio Spaziani Testa è presidente di Confedilizia