Valide ragioni per dire "No" alla truffa del referendum

E' legittimo astenersi quando si mischiano aspetti tecnici e battaglie politiche

Raffaello Lupi
Dalla truffa mediatico giudiziaria alle risorse da garantire per le future generazioni, dalla pericolosa ideologia anti industrialista alla Costituzione brandita contro gli astensionisti. Girotondo fogliante.

Il referendum è uno strumento di democrazia per sondare i sentimenti profondi del paese su grandi temi, impostati in modo che gli elettori possano scegliere in modo semplice, ma con cognizione di causa. Come repubblica o monarchia, divorzio, aborto, magari domani i diritti degli immigrati. Il referendum è invece improprio su quesiti tecnici, cui non corrispondono bandiere politiche né la massa degli elettori può decidere con cognizione di causa. Il peggio però è mescolare questi aspetti, cioè trasformare un referendum tecnico, come quello sulle trivelle, in una bandiera politica “pro o contro il petrolio”.

 

La democrazia diretta è una bella formula, ed è legittimo fare appello all’emotività popolare, ma allora bisognava fare un referendum consultivo sull’energia, come grande tema su cui sondare la pancia del paese. Sottoporre agli elettori tecnicismi come la durata delle concessioni petrolifere è come interrogarlo sulla ricerca scientifica o la diagnostica ospedaliera, mescolando cioè sottigliezze specialistiche e populismo plebiscitario, del tutto legittimo, ma su temi generali e facilmente percepibili nei pro e nei contro. Non a caso il referendum sulle leggi tributarie è vietato dalla Costituzione proprio per timore di referendum demagogici. In questo senso è pienamente legittimo non partecipare a una consultazione strumentalizzata sul piano politico-mediatico e trasformata in un generico referendum sulla politica energetica, senza adeguata informazione sulle ricadute e le alternative.

 

 

Raffaello Lupi è Professore di Diritto tributario presso l'Università di Roma Tor Vergata

 

 

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