Non solo trivelle. In lode dell'astensione degli indifferenti
Viste le reazioni feroci dopo il referendum No Triv, occorre dirlo: se tutti avessero un'opinione politica e agissero per realizzarla, con la stessa veemenza, con la stessa disponibilità a mistificare pur di avere ragione, vivremmo in una società più ingiusta e oppressiva.
Il post-referendum si è trasformato in un triste spettacolo di insulti e offese per, parafrasando ma non troppo, il popolo di capre che ha impedito l'avvento di un mondo senza energia in cui le biciclette regnano padrone. I più divertenti sono stati raccolti su Facebook con l'hashtag #rosicontest. Però leggerli lascia davvero l'amaro in bocca: fra persone che augurano sfortune e malattie a chi ha votato diversamente, i più bistrattati sono gli astensionisti. Non solo perché apparentemente è davvero difficile da capire che se la nostra costituzione prevede il quorum, allora è una risposta legittima non andare alle urne, proprio per evitare che una minoranza decida l'agenda su cui tutti devono esprimersi. Ma proprio perché, apparentemente, per molte persone è immorale in sé non informarsi e non partecipare.
Bene, visto il tenore della discussione, mi sento in particolare dovere di ringraziare chi non ha votato. Non gli astensionisti motivati – come per esempio lo sparuto gruppo del Comitato per l'astensione Ottimisti e Razionali, che per giorni ha cercato di strappare un po' di discussione sul referendum alla demagogia del fronte di"Trivella tua sorella". Quelli che hanno portato dati e statistiche sono destinati a perdere in una discussione con argomenti come "Sì frisella, no trivella", per il semplice fatto che la frisella, come il mare pulito, lo apprezzano tutti, mentre il calcolo costi-benefici fa venire il mal di testa. L'emergente filosofo Leonardo Caffo ha ad esempio dichiarato "C'è poco da discutere: le ragioni intorno al NO sono tutte ascrivibili alla sfera dell'economia, quelle del SI tutte interne alla sfera dell'etica", come se si potesse parlare di etica a prescindere dalle conseguenze delle proprie azioni.
Se le argomentazioni diverse non possono vincere contro le semplificazioni, non possono nemmeno essere prese in considerazione, allora dobbiamo ringraziare gli astenuti perché indifferenti. Se tutti avessero un'opinione politica e agissero per realizzarla, con la stessa veemenza, con la stessa disponibilità a mistificare pur di avere ragione, vivremmo in una società più ingiusta e oppressiva - come dimostra la totale assenza di rispetto per opinioni diverse dei tweet di questi giorni.
In politica l'informazione non è mai sufficiente, e per questo si procede per semplificazioni e demonizzazione dell'altro. Quello che ci salva da quella lotta di tutti contro tutti è la vita: è andare al mare, fare la spesa, lavorare, recuperare sonno arretrato. Non dedicarsi alla cosa pubblica, non usare il proprio tempo per cercare di imporre agli altri le proprie idee. Perché votare è un diritto, ma ancora più importante è vivere in una società in cui se una minoranza si sveglia e impone una scelta collettiva fra opzioni mal poste, possiamo bellamente ignorarla. D'altronde, il fatto che lo spazio per le decisioni private sia maggiore che quello delle decisioni collettive è ciò che differenzia una società libera da un totalitarismo.