Per un'Europa italo-tedesca
Svolta. Ora Renzi propone a Merkel un nuovo patto costruttivo salva Europa
Bruxelles. Matteo Renzi non ha mai nascosto l’ambizione di diventare il leader anti Merkel nell’Unione europea, ma dopo due anni di attacchi alla Germania e alla Commissione il presidente del Consiglio ha cambiato strategia. Dimesso il chiodo da bullo che vuole rovesciare il tavolo europeo, Renzi ha iniziato a tendere la mano ad Angela Merkel. Anche se l’obiettivo ultimo è di rendere l’Europa meno tedesca, il successo passa per un dialogo serio e costruttivo con la cancelliera tedesca e altri leader su un’Ue sempre più fragile. La squadra europea di Renzi ha lavorato per organizzare il 5 maggio a Roma un mini vertice a cui potrebbero partecipare la cancelliera e i presidenti di Commissione, Consiglio europeo ed Europarlamento.
Angela Merkel, Jean-Claude Juncker, Donald Tusk e Martin Schulz saranno nella capitale per la consegna il 6 maggio del premio Carlo Magno a Papa Francesco. Per ragioni di agenda, il progetto potrebbe essere declassato a una serie di incontri bilaterali. I temi urgenti per l’Italia sono molti: Libia, migranti, Brennero, legge di Stabilità e Def. Ma Renzi è consapevole che le previsioni del meteo politico dell’Ue nei prossimi 12 mesi danno “tempesta perfetta”: la Grexit è tornata a minacciare la zona euro; a fine maggio l’Austria potrebbe avere un presidente di estrema destra; il 23 giugno i britannici votano sulla Brexit; a marzo 2017 l’Olanda potrebbe cadere in mano all’eurofobo Geert Wilders. Merkel non può far fronte a tutto da sola. La Francia è fuori gioco causa campagna elettorale. Se in Germania la cancelliera ha governato prima con i liberali e poi con i socialdemocratici, in Europa Merkel potrebbe pragmaticamente cambiare interlocutore privilegiato.
Gli incontri a Roma sono l’ultimo esempio del passaggio di Renzi dall’adolescenza alla maturità politica sull’Europa. La sua squadra europea si è rafforzata. A febbraio Paolo Gentiloni ha convocato i sei paesi fondatori. Poi è stata pubblicata la “Proposta strategica” sul futuro dell’unione economica e monetaria. Ad aprile è stato inviato il “Migration Compact”. Nei documenti l’Italia non rinuncia alle sue posizioni: l’approccio opposto a quello tedesco sulla condivisione dei rischi nella zona euro o gli Eurobond per la gestione delle migrazioni in Africa. Ma i “non-paper” dimostrano la volontà di Renzi di partecipare al gioco europeo di cui Merkel è maestra. Semmai alcune reazioni in Germania alle proposte indicano le difficoltà che dovrà fronteggiare Renzi per superare pregiudizi e rigidità dell’establishment tedesco. Il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, ha contestato la visione di Pier Carlo Padoan sulla condivisione dei rischi come “forte incentivo a rispettare le regole”. Il Migration Compact, pur in linea con il Merkel pensiero, è stato accolto con freddezza alla cancelleria causa Eurobond. Ma Renzi è pragmatico. “Possiamo rinunciarci”, se si trovano i soldi per finanziare il Migration Compact, spiega un diplomatico. “Basta che non sia la tassa sulla benzina” proposta da Wolfang Schäuble: “non è il miglior modo per avvicinare la gente al problema dei migranti”.
Al di là delle divergenze rivendicate sulla politica economica e fiscale, Renzi e Merkel hanno interessi strategici comuni: dalla gestione dell’ondata migratoria all’accordo commerciale Ttip con l’America. Nel governo di grande coalizione a Berlino (più lato socialdemocratico) c’è chi vede di buon occhio un allentamento delle sanzioni alla Russia in estate. Sull’Ue “arriveranno altri documenti” in vista dei prossimi Vertici, anticipa al Foglio un consigliere di Renzi. Rimane da vedere se la mano tesa a Merkel porterà frutti. Rottamare la cultura del dominio franco-tedesco nell’Ue è impresa difficile. Ma nelle ultime settimane, forte della sua propensione positiva verso l’Europa, l’Italia ha incassato successi significativi. All’Ecofin Padoan ha convinto una maggioranza di ministri a bloccare la richiesta di Schäuble di limitare l’esposizione delle banche al debito sovrano e a chiedere alla Commissione di riformare la metodologia di calcolo del deficit strutturale. In entrambi i casi, l’Italia è riuscita a trascinarsi dietro alcuni alleati tradizionali della Germania. La scommessa è che queste due piccole vittorie sul dogmatismo di Schäuble possano convincere Merkel che è meglio riformare l’Ue con Renzi che contro di lui.