Silvio Berlusconi (foto LaPresse)

Che ci fa Berlusconi con Travaglio?

Claudio Cerasa
L’errore del Cav. di schierarsi contro il referendum costituzionale spiegato con le parole del Cav. Appello per un bel no al partito dello sfascio e all’Italia ammanettata al partito dei giudici. Scrivete qui: [email protected].

Adesso che bisognerebbe mettersi lì a costruire i banchetti, a raccogliere adesioni, a organizzare comitati, a mettere insieme le firme e a fare allegramente le pernacchie alla repubblica dei No, al partito dei giudici e all’Italia della non governabilità, fottendosene di chi propone cosa e pensando piuttosto a che cosa viene proposto. Adesso che finalmente c’è la possibilità di far prevalere una volta per tutte lo spirito del ’94, inteso come la cultura della vecchia Forza Italia, sullo spirito del ’93, inteso come la cultura dello sfascismo tangentopolaro, togliendo potere a tutti quei poteri che da decenni paralizzano l’Italia, semplificando il quadro costituzionale, rinnovandolo, mettendo il prossimo presidente del Consiglio nelle condizioni di governare e non solo di mediare.

 

Adesso che Matteo Renzi, diciamocelo, è riuscito ad approvare una legge, quella della riforma costituzionale, quella che segna la fine del bicameralismo perfetto, che il centrodestra ha cercato di approvare per vent’anni senza successo, e che proprio per questo il centrodestra del Cav. ha scritto per un anno insieme con il Pd. Adesso che succede tutto questo, e in una fase in cui il centrodestra del Cav. ha persino alzato la testa dalla palude salviniana mostrando una sua profonda e radicata cultura nazarenica, capita invece che nella battaglia più importante, quella della Costituzione, quella che darà una nuova spina dorsale al paese, il centrodestra, con il nostro caro Cav, sceglie di dire no, scusate, questa riforma ci fa schifo, bisogna dare un messaggio a Renzi, bisogna dare uno schiaffetto alla Boschi, bisogna boicottare la sua riforma e decide così di organizzare, contro la stessa riforma che il centrodestra ha provato a realizzare per anni, un bel girotondo a braccetto con, nell’ordine, l’Altra Europa con Tzipras, l’Associazione per la ricostruzione del Partito Comunista, l’Associazione per il Rinnovamento della Sinistra, Azione Civile di Antonio Ingroia, i Comitati No-Triv, il Comitato Marxista-Leninista d’Italia, il Comitato No Gelmini, il Coordinamento della sinistra contro l’euro, la Fiom, Sel, il Movimento 5 stelle, Magistratura democratica, il Partito di Rifondazione Comunista, il Partito Comunista dei Lavoratori, il Partito Comunista d’Italia, Podemos, l’Anpi, Sinistra italiana, Gustavo Zagrebelsky, Sandra Bonsanti, Moni Ovadia e Marco Travaglio.

 

Glielo diciamo con affetto, caro Cav., ne scriveremo a lungo nelle prossime settimane e proveremo a organizzare un appello sul nostro giornale per dimostrarle che stavolta ha torto e che non si può dire di no a una legge che non è perfetta, ovvio, ma che sterilizzerà il potere dei giudici, metterà in un cassetto i veti delle minoranze, rafforzerà i poteri del premier, darà più stabilità ai governi, metterà gli elettori nelle condizioni di scegliere da chi farsi governare, contribuirà a ricreare le basi, come si dice, per un bipolarismo maturo e renderà impossibile la formazione di esecutivi fragili come quelli avuti nel 1996, ai tempi del suo governo. La politica naturalmente è fatta di svolte improvvise, di ripensamenti istantanei e di capriole fulminanti ma sul cuore delle questioni non si può scherzare e sul no agli sfascisti non si può tergiversare. Per questo, caro Cav., ci siamo andati a rileggere un bel discorso che lei fece tempo fa alla Camera che spiega bene la ragione per cui, poco tempo fa, nel gennaio 2015, il suo partito, attraverso il suo capogruppo al Senato, disse giustamente che un centrodestra di governo non può dire no “a una riforma che rappresenta una pagina storica, che porta l’Italia fuori dalle paludi ottocentesche di una rappresentatività estrema e irragionevole, dalla lentezza e dall’indecisione, dal diritto di veto di partiti irrilevanti e dalla impossibilità di governare, che permette di superare il bicameralismo, delineando un assetto parlamentare e un procedimento legislativo più snello, con una netta distinzione di ruoli e funzioni fra le due Camere e che porta due firme: quella di Renzi e quella di Berlusconi”.

 

Era il 2 agosto del 1995, caro Cav., e le sue parole, che ora le rioffriamo, ci colpiscono non poco. Gliene citiamo un paio. “L’Italia dei partiti, fondata sul sistema elettorale proporzionale e sulla dottrina non scritta del consociativismo, si permetteva il lusso di immaginare un futuro che però non doveva arrivare mai… Nel nuovo sistema politico non deve esserci più spazio per il vecchio balletto dei governi che durano un’effìmera stagione, per il sequestro della decisione politica da parte di potenti apparati di partito, per una logica di rinvio dei problemi e di crisi permanente dello Stato… Ci siamo dichiarati e ci dichiariamo favorevoli a una revisione della nostra forma di governo che veda il vertice dell'esecutivo insediato direttamente e senza mediazioni dal voto degli elettori… Il governo, l’istituzione più debole nell’attuale organizzazione costituzionale, deve essere dotato di strumenti efficaci di iniziativa politica e dei poteri necessari per dare attuazione e seguito al suo programma. Nella nostra storia, questo non è mai stato. Ogni legge, ogni decisione, anche quelle di minimo rilievo, è misura occasionale, contingente, provvisoria…

 

L’equazione tra elezione diretta del vertice dell’esecutivo e sistema autoritario è però un falso e bisogna smetterla di falsificare le proposte altrui… E’ necessaria una riforma dell’attuale sistema bicamerale che, anche per l’eccessivo numero del parlamentari, comporta un inutile spreco di lavoro e lungaggini dei procedimenti decisionali quali nessuna moderna democrazia potrebbe e può sopportare. Tale riforma dovrà essere nel senso della trasformazione della seconda Camera in un organo rappresentativo delle autonomie locali; sarà questo il luogo dove le competenze spettanti ai diversi livelli territoriali troveranno la prima e più importante garanzia politica e dove il principio di sussidiarietà troverà la sua protezione”. Il suo discorso, gentile presidente, si concludeva con un altro passaggio formidabile che ci permettiamo di rioffrirle. Le riproponiamo anche questo.

 

“Dopo essersi spartiti lo Stato e la società civile, dopo essersi inseriti in ogni più remoto ambito della vita sociale, portandovi filosofie lottizzatrici ed assistenziali, dopo aver spinto lo Stato e le istituzioni al collasso finanziario e ai margini del processo di unificazione europea, alcuni inveterati protagonisti del passato si arroccano a protezione di questo sfascio che hanno contribuito in misura non lieve a determinare”. Oggi, purtroppo, il suo centrodestra, nella battaglia delle battaglie, si trova lì, a braccetto con gli Zagrebelsky, i Davigo, i magistrati democratici, i grillini, i comunisti e alcuni “inveterati protagonisti del passato che si arroccano a protezione di questo sfascio che hanno contribuito in misura non lieve a determinare”. Lei ci dirà probabilmente che un sì al referendum di ottobre coincide con un sì al governo Renzi. Noi le diremmo però che un no al refererendum, per lei e per chiunque ha creduto nell’idea di riformare l’Italia semplificando il suo apparato burocratico parlamentare, coincide con il regalare un “sì” al partito dello sfascio, a chi cioè sogna l’ingovernabilità solo per evitare che ci sia qualcuno in grado di governare. Ci ripensi, caro Cav., e non permetta che una piccola rivoluzione che migliorerà (speriamo) il nostro paese e che potrebbe portare due firme ne porti soltanto una: quella di Renzi e non quella di Berlusconi. Ci ripensi, caro Cav., si guardi attorno, si chieda che ci fa lì con Moni Ovadia e Marco Travaglio, si domandi se non vale la pena sbarazzarsi una volta per tutte dell’Italia dello sfascio e alla fine siamo certi che ci ripenserà. Il nostro è un appello. Chi lo condivide ci scriva qui: [email protected]

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.