Perché un referendum abrogativo sulle unioni civili non sarebbe la risposta giusta al pensiero unico genderista
Al direttore - Due giorni fa lei rispondeva alla lettera con la quale motivavo il mio voto contrario alla legge sulle unioni civili con un quesito tipicamente fogliante: “E cosa aspettate a raccogliere le firme per organizzare un referendum, caro Palmieri?”. Detto fatto. Ieri mattina con Malan, Squeri e Gasparri, Quagliariello e Giovanardi, Centinaio e Molteni, Rampelli, Bruni e Tarquinio, Pagano, Sacconi e altri parlamentari abbiamo presentato alla Camera il comitato che presenterà il quesito per il referendum abrogativo della prima parte della legge sulle unioni civili, quella che le rendono un matrimonio sotto falso nome, che pertanto apre alle adozioni gay. Il comitato – presieduto da Eugenia Roccella – è aperto ad altri parlamentari e a tutte le associazioni, a partire dal comitato Difendiamo la famiglia. Ora attendiamo la promulgazione della legge per depositare il quesito. A questo punto la domanda tocca a me: il Foglio sarà con noi per sostenere la raccolta firme? Cordiali saluti foglianti.
Antonio Palmieri, deputato Forza Italia
Il Foglio, caro Palmieri, vi assisterà nella battaglia e vi darà spazio con piacere anche per offrire ai lettori argomenti non uniformi al pensiero unico genderista. Ma un referendum abrogativo, come ha ricordato ieri Giuliano Ferrara, non ci convince. Non per questioni di merito ma per questioni di metodo. Ed essendo esposto a sorprese, al contrario del referendum propositivo che questo giornale sponsorizzava, potrebbe spianare la strada a una legge persino peggiore, modello spagnolo, modello irlandese, rispetto a questa legge, già di suo molto pasticciata. In bocca al lupo.